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Agende di lavoro fitte di appuntamenti, viavai incessante di visitatori e assaggiatori, espositori soddisfatti. È stato un Vinitaly partecipato quello dell’edizione numero 57 chiusasi ieri: con 97 mila presenze nei padiglioni di Veronafiere.
Il governatore del Veneto Luca Zaia, presente fin dal primo giorno della rassegna, ha presidiato lo stand regionale del leone alato indossando in un’occasione anche la casacca bianca da pizzaiolo per impastare pizze con i prodotti Igp del Veneto.
Moltissimi gli operatori stranieri (32 mila) provenienti da più di 130 nazioni del globo: dati che attestano l’interesse crescente dei buyer esteri per il vino italiano. Fra questi: importatori americani, tedeschi, inglesi, francesi più altri arrivati da Belgio, Olanda, Svizzera, Giappone, Canada e Brasile. «Verona si riconferma la capitale del vino – ha sintetizzato il presidente di Veronafiere Federico Bricolo – in un momento storico complicato, di profonde trasformazioni, contrassegnato anche dalle difficoltà iniziali legate all’introduzione dei dazi di Trump».
Enoturismo e zero alcool: il vino fa il suo giro
Tra le novità di questa edizione 2025, il debutto di Vinitaly Tourism, il format dedicato all’enoturismo, e l’ingresso nel palinsesto di tendenze emergenti come vini low alcool, dealcolati, naturali e in anfora. I primi decisamente in risposta alle nuove restrizioni del Codice della Strada che inaspriscono le multe mandando a memoria il mantra “bere ma senza sbandare”.
E così negli stand, accanto ai grandi classici Dogc e alle eccellenze regionali, hanno fatto la loro comparsa le proposte con tenori alcolici ridotti (tra 4% e 9%) o completamente senza alcool. Per non scadere nella semplificazione di “vino finto” o “parente povero del vino”, la vera sfida si gioca sul piano della comunicazione, spiegandoli per quello che sono: una forma di socializzazione light, una proposta sensoriale a ridotto impatto etilico, un’alternativa consapevole, per chi li gradisce. Un po’ (tanto) spiazzante per i puristi del decanter.
Il vino si adatta al cambiamento
Va da sé che dietro alla scelta di produrre vini a bassa gradazione alcolica non c’è solo una questione normativa di sicurezza stradale ma anche culturale. Sono infatti sempre di più i consumatori attenti alla salute che cercano proposte leggere, capaci di conciliare il piacere del bere con stili di vita più consapevoli. Un po’ come è accaduto per le birre zero e in questo senso c’è da dire che il mondo enoico italiano ha saputo cogliere il segnale. Più che una moda, dunque, una vera e propria rivoluzione produttiva che – assicura chi li fa – non snatura il vino, solo ne amplia l’offerta. Sarà. Ma non è questa la sola curiosità di Vinitaly.
Il diktat degli importatori: alta qualità a basso costo
Se da una parte una fetta di mercato di consumatori finali chiede la gradazione leggera, importatori di prima mano esigono bottiglie leggere sul serio, nel senso del prezzo e del peso; cosicché i produttori, per rientrare nei costi senza rimetterci, sono costretti a fare salti mortali non solo sul vino, ma anche sul contenitore in vetro: meno grammi, meno costi di produzione, meno spese di trasporto. Risultato? Un vino (la richiesta, beninteso, va nella direzione di vini di qualità come Chianti, Pinot Grigio, Nero d’Avola) che però costi massimo 1 euro e 50 a bottiglia tutto incluso, con un’etichetta e un naming pensati appositamente per il Paese di destinazione. Nomi accattivanti, packaging curati e, sorprendentemente, anche buon equilibrio aromatico. E poi? «Sostanzialmente ci chiedono prodotti entry level a un prezzo che fa strabuzzare gli occhi» racconta una coppia di esportatori toscani, abituati a queste dinamiche. «Pertanto, alla fine, per stare nel budget, alleggeriamo tutto, vetro compreso».
Un cortocircuito non da poco per chi ha costruito la propria immagine su terroir, denominazioni, storie di famiglia e tradizione di lunghi anni.
In definitiva, Vinitaly 2025 ha chiuso i tornelli rinnovando l’appuntamento alla prossima edizione dal 12 al 15 aprile 2026 e segnando un passaggio simbolico: il vino italiano, pur ancorato alla sua grande e indiscussa tradizione, dimostra di saper guardare avanti. Tra chi storce in naso e chi fiuta l’occasione, si invoca la tolleranza e l’adattabilità. E se il futuro sarà anche a bassa gradazione, non sarà meno intenso. E per non restare fuori dai giochi degli indotti, via libera anche alle linee parallele. Destinate chissà, magari stavolta, a incontrarsi.