Roma, 6 nov. (Adnkronos) – “Se la più grande democrazia al mondo si esprime, la prima considerazione da fare è che l’espressione del voto va rispettata. Anche se non condivisa, anzi a maggior ragione se non condivisa. Il valore della democrazia è anzitutto questo. La sensazione, dentro questi veri e propri Anni Venti ‘furiosi’ (per riprendere una efficace immagine di Alec Ross) è quella di essere di fronte a un mutamento genetico nel sistema della rappresentanza politica”. Così il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, sulle elezioni americane.
“La frammentazione delle nostre società, la prevalenza delle dimensioni individuali, il diffuso e sottile timore per il futuro ha creato uno spaesamento collettivo e profonde fratture sociali – spiega il senatore di Iv – E la leadership politica si è trasformata da capacità di guida in rappresentanza degli umori della società che come tali possono essere guidati, influenzati o addirittura manipolati da una dimensione come lo spazio digitale che ci trascina addirittura oltre il concetto di Stato-nazione”.
“Trump ha vinto (e quindi buon lavoro Mr. President) probabilmente, perché con le sue caratteristiche ha interpretato questo stato d’animo, alimentato dal peggioramento nella distribuzione della ricchezza e del reddito e dalla paura di perdere il proprio status".
"Se e quanto tutto questo si saprà convertire in positivo lo scopriremo solo vivendo. Difficile oggi immaginarlo, perché ‘chi è sradicato, sradica’ insegnava Hannah Arendt. Quel che è certo è che davanti ad un mutamento genetico, non si può certo rimanere inerti, altrimenti ci si estingue. E la sfida – conclude Borghi – riguarda soprattutto noi Europei. Perché gli equilibri del mondo, da ieri, sono mutati”.