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Il caso di Ilaria Salis torna a far discutere: il Ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha risposto alle parole di Roberto Salis ed è intervenuto in merito alla difesa dell’Italia nei confronti della ragazza.
Le parole del Ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó
Il Ministro ungherese è intervenuto su Facebook, con un video, sul caso di Ilaria Salis:
«Sono scioccato dalle reazioni italiane. Questa signora, Ilaria Salis, è stata presentata qui in Italia come una specie di vittima, una martire. In Ungheria le persone sono state quasi uccise. La gente è stata quasi picchiata a morte nelle strade, e poi questa signora viene dipinta come una martire o la vittima di un processo ingiusto. Nessuno, nessun gruppo di estrema sinistra, dovrebbe vedere l’Ungheria come una sorta di ring di boxe dove venire a pianificare di picchiare qualcuno a morte».
Roberto Salis, padre di Ilaria Salis, contro le ultime dichiarazioni del Ministro Péter Szijjártó
«Una palese interferenza con la Magistratura Ungherese senza che il processo sia ancora entrato nelle fasi iniziali. Il rappresentante del Potere Esecutivo del governo Orban sentenzia che l’Ilaria avrebbe premeditato le aggressioni e cerca di influenzare le decisioni del giudice pretendendo pene esemplari. La dimostrazione palese che quello intentato contro Ilaria è un processo politico e che il governo Orban controlla direttamente il potere giudiziario ungherese in barba alle norme europee in merito ed infischiandosene delle elementari regole della Democrazia da stato liberale come da dichiarata ambizione del suo Primo Ministro, ampliamente confermata dai fatti».
Le parole del Ministro Péter Szijjártó dopo le dichiarazioni del padre di Ilaria Salis
Roberto Salis, nei giorni scorsi, aveva affermato:
«Dobbiamo chiedere al ministro ungherese cosa intende per martire, se intende una persona torturata per 35 giorni certo Ilaria è una martire. Sembra quasi che manifestare solidarietà a un’antifascista sia considerato in alcuni Paesi un’interferenza. Ce li siamo presi noi in Europa, ce li abbiamo e dobbiamo conviverci».