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Una donna a Mestre (Venezia) è stata derubata e si auto-accusa: "La morte di Giacomo è a causa mia, avrei dovuto tacere e non cercare assistenza".

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Carmen, una donna colombiana residente a Mestre, è ancora traumatizzata e si sente in colpa per la morte di Giacomo Gobbato, un giovane che è intervenuto a sua difesa durante una rapina. Carmen racconta che avrebbe dovuto rimanere silenziosa e non chiamare aiuto, perché se non avesse gridato, Giacomo sarebbe ancora vivo. Il suo aggressore, un moldavo senza fissa dimora, dopo aver rapinato Carmen, ha tentato di aggredire una turista giapponese, ma è stato fatto fuggire da un civile albanese e arrestato poco dopo. Nonostante il trauma, Carmen e il suo compagno Loris, sono stati sostenuti dai parenti e amici di Giacomo con conforto e coraggio.

La donna che è stata vittima di una rapina a Mestre, in Venezia, è ancora traumatizzata e si sente in colpa per la morte di Giacomo Gobbato, intervenuto a sua difesa. Carmen, una colombiana di 50 anni residente a Mestre da 25 anni, si rimprovera. “È stata colpa mia. Avrei dovuto rimanere silenziosa e non chiamare aiuto. Effettivamente, l’uomo mi ha colpito e mi ha derubato dello zaino, ma non ha importanza. Se non avessi gridato, nessuno sarebbe venuto e quel giovane di 26 anni sarebbe ancora vivo oggi”, afferma. Il suo aggressore, un moldavo di 38 anni senza una casa stabile, era una figura intimidante. “Era un gigante di quasi due metri”, racconta a Il Corriere della Sera. “Mentre stavo parlando al telefono con il mio compagno, mi ha affERRato da dietro, mi ha messo una mano sulla bocca e mi ha colpito con tre pugni”. Mentre Carmen era sotto attacco, al telefono c’era Loris, il suo partner. “Era in preda al panico. Gridava: ‘Aiuto, ho bisogno di aiuto. Mi ha rubato lo zaino. Chiamate la polizia’”, ricorda l’uomo, un veneziano di 55 anni. Quando è uscito fuori, l’ha trovata insieme a un passante. “Era ancora tremante, paralizzata dalla paura”. Nel frattempo lo stesso uomo che aveva aggredito Carmen, ha tentato di rapinare una turista giapponese, brandendo il coltello con cui aveva ucciso Giacomo. È stato messo in fuga da un civile albanese che si è fatto passare per un poliziotto. Infine, è stato appreheso da dei veri agenti di polizia poco tempo dopo.

Nel periodo successivo all’attacco, Carmen e Loris si sono diretti in commissariato, dove dicono sia accaduto “un evento sorprendente”. Gli amici e i parenti di Giacomo erano lì, offrendo loro comfort. Con l’arrivo della tragica notizia della sua morte, i due erano tormentati da senso di colpa e paura, eppure, erano proprio questi individui che offrivano loro il coraggio. Carmen e Loris non vedono l’ora di esprimere la loro gratitudine ai genitori di Giacomo, che ricordando il figlio, hanno detto: “Se aveva l’opportunità di aiutare, lo faceva, noncurante dei pericoli”.