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Carmelo Miano, l’hacker arrestato all’inizio di ottobre, ha rubato l’intero registro degli utenti dell’infrastruttura IT del ministero della Giustizia. Da questo database, ha estratto le informazioni sui vari utenti e ha decriptato le loro password, che ha poi memorizzato in una sezione protetta del suo computer.
Detenzione dell’hacker
Il 26enne siciliano deteneva, tra altre città come Firenze, Perugia e Torino, le password di 46 magistrati, compresi i procuratori di Perugia e Firenze. Le autorità di Napoli lo stanno descrivendo come un individuo estremamente pericoloso, alla luce delle indagini condotte sui suoi attacchi. Inoltre, la procura ha richiesto al tribunale di Riesame di Napoli di confermare la sua detenzione in carcere.
Descrizione dell’hacker
L’autorità giudiziaria di Napoli ha descritto l’hacker arrestato nei primi giorni di ottobre come “di estremo pericolo”. L’operazione è stata condotta dalla Polizia Postale sotto la direzione della procura partenopea, a seguito di irregolarità rilevate nei server del Ministero della Giustizia. Gli investigatori hanno trovato un notevole numero di dati sequestrati a Miano, cosa che contrasta con l’affermazione dell’indagato, il quale sosteneva che la sua intenzione fosse solo quella di informarsi sulle indagini in corso a suo carico. Tuttavia, le indagini, ancora in atto, suggeriscono che l’effettivo fine di Miano sarebbe stato quello di monetizzare quei dati.
Possibili mandanti
I pubblici ministeri del team di cybercrime di Napoli non escludono la possibilità che l’hacker possa avere dei mandanti. Tra gli elementi a supporto di questa congettura c’è anche il portafoglio di criptovaluta sequestrato, che conteneva diversi milioni. La procura ha fatto sapere che sono in fase di separazione i documenti per inviarli agli organi competenti, in riferimento alle violazioni delle comunicazioni dei magistrati di varie procure italiane. Inoltre, i pm hanno espresso contrarietà alla proposta di sostituire la detenzione in carcere con arresti domiciliari.