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Un gruppo di sedici migranti si dirige verso l'Albania, mentre nel frattempo a Lampedusa arrivano mille persone.

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Nuove procedure accelerate per i migranti: il primo esperimento in Albania suscita controversie e sfida le organizzazioni umanitarie

Negli ultimi due giorni, circa mille persone sono arrivate a Lampedusa. I 16 migranti, invece, non sono riusciti a mettere piede in Italia, poiché sono stati individuati in mare e trasferiti sulla nave Libra della Marina Militare, che giungerà in Albania mercoledì mattina. Questi migranti saranno i primi a sperimentare le nuove procedure accelerate in un Paese terzo, come sottolineato dalla premier Giorgia Meloni in Parlamento. Intanto, le organizzazioni che si oppongono a quella che considerano “deportazione” si preparano a combattere: l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione ha identificato 19 possibili eccezioni da sollevare durante le verifiche dei trattenimenti. Ci sarà sicuramente lavoro per avvocati e magistrati, mentre si dà avvio al progetto.

Tutto è stato predisposto nell’hotspot italiano situato al porto di Shengjin, a circa 50 km a nord di Tirana. Qui i 16 migranti (10 bengalesi e 6 egiziani) subiranno uno screening sanitario e saranno identificati. Alcuni dati preliminari sono già stati raccolti a bordo della Libra, dove si trovano anche operatori dell’Unhcr e dell’Oim. A Shengjin operano medici, forze dell’ordine, interpreti e mediatori culturali. Una volta concluse le procedure in giornata, i migranti saranno trasferiti in pullman a Gjader, un altro sito italiano che ospita un centro di accoglienza per richiedenti asilo con 880 posti, un centro di permanenza per rimpatri (144 posti) destinato a chi deve essere espulso, e un penitenziario con 20 posti per coloro che commettono reati. Il gruppo di bengalesi ed egiziani attenderà nel centro di accoglienza la risposta alla propria domanda di asilo.

Un giudice a Roma dovrà esaminare la legittimità del trattenimento presso la struttura indicata dalla questura della capitale, in riferimento al decreto Cutro. Negli scorsi mesi, sono state numerose le convalide non effettuate. In questa situazione, i migranti saranno trasferiti in Italia. Un ulteriore aspetto che potrebbe ostacolare i rimpatri è una recente sentenza della Corte, la quale stabilisce criteri più rigorosi per definire un Paese come “sicuro”. Questo spiega il limitato numero di migranti coinvolti nell’esperimento con l’Albania. È fondamentale assicurarsi che le decisioni giuridiche non trasformino i trasferimenti in un ciclo di andate e ritorni per gli stranieri individuati, causando così uno spreco di risorse. La Libra continua a funzionare come unico hub per il tragitto di poco più di mille km tra il Mediterraneo centrale e l’Albania. Solo i migranti intercettati in acque internazionali dalle motovedette italiane possono essere trasportati. I rientri, se previsti, saranno effettuati direttamente dal Paese del presidente Edi Rama, che ha recentemente comunicato di aver rifiutato proposte da altri Stati per accordi simili a quello con l’Italia. Il governo nutre speranze sull’efficacia deterrente di questa iniziativa. Tuttavia, ci sono stati notevoli aumenti di partenze dalle coste nordafricane, favoriti anche dalle condizioni meteorologiche favorevoli. In appena 48 ore, oltre mille persone sono arrivate a Lampedusa, e sono stati messi in atto interventi per alleggerire la situazione all’hotspot, utilizzando traghetti e aerei. Altri migranti sono stati trasferiti in Italia da navi umanitarie, come i 47 accolti a Porto Empedocle dalla Mare Jonio, che ha subito un fermo amministrativo per non aver rispettato il decreto Piantedosi. Dal settore cattolico, si evidenzia un crescente disappunto verso le politiche del governo.

“Il rischio è quello di trattare le persone come se fossero beni o oggetti superflui,” afferma padre Camillo Ripamonti, leader del Centro Astalli. Anche monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, critica la scelta dell’Italia di “accogliere” i migranti, sottolineando che questa decisione riporta a contesti dove la dignità umana è compromessa. Le ong sono sul piede di guerra, attaccate da Meloni e dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “È inaccettabile che Sea Watch definisca le guardie costiere ‘i veri trafficanti di esseri umani’,” ha dichiarato la premier. Il ministro dell’Interno ha avvertito che l’operato delle ong potrebbe essere “sfruttato in modo opportunistico dai trafficanti privi di scrupoli.” In risposta, Sea Watch ha sottolineato che “Meloni ha ignorato i comportamenti illeciti della guardia costiera libica, sostenuta dall’Italia, di cui abbiamo fornito ampia documentazione tramite i nostri voli. È probabile che per questo ci attacchi, perché nessuno deve sapere.”