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Un conducente a Torino si è tolto la vita a causa della tensione generata dalla sua occupazione. Il proprietario e l'organizzatore dei turni sono ora sotto inchiesta.

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Un'autista di camion di 59 anni di una compagnia logistica a Torino si è suicidato apparentemente a causa di stress lavorativo estremo, inclusi turni di 50 ore alla settimana senza riposo adeguato. L'ufficio del procuratore della città sta ora indagando sul proprietario dell'azienda e il manager dei turni dei dipendenti per omicidio colposo e sfruttamento dei lavoratori. L'indagine è seguita alla denuncia presentata dalla famiglia dell'uomo. Gli enti locali di vigilanza avevano già penalizzato l'azienda per violazioni della sicurezza e salute dei lavoratori.

Un’autista di camion di una compagnia logistica a Torino si è tragicamente tolta la vita l’anno scorso, apparentemente a causa dello stress lavorativo insopportabile. Questo è ciò che l’ufficio del procuratore della città sta investigando, con il proprietario dell’azienda e il manager dei turni dei dipendenti ora sotto inchiesta. I reati di cui sono sospettati comprendono omicidio colposo, a seguito di presunte violazioni delle leggi sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, e sfruttamento dei lavoratori.

L’indagine è stata avviata dopo che la famiglia dell’uomo, che aveva 59 anni e si stava avvicinando alla pensione, ha presentato una denuncia. Hanno sostenuto che il loro parente era stressato a causa di turni di lavoro estenuanti di 50 ore a settimana e senza periodi di riposo sufficienti. Secondo la denuncia, l’eccessivo stress lavorativo avrebbe indotto l’autista a lanciarsi dalla sua finestra solo poche settimane dopo.

Sia la sede della società che i responsabili dell’ufficio di Torino della compagnia sono stati registrati negli atti degli indagati dal vice procuratore Vincenzo Pacileo.

Gli orari di lavoro si estendevano fino a 50 ore alla settimana, senza pause e con esigenze in costante aumento. Doveva trascorrere giornate intere viaggiando su e giù per l’Italia, alla guida di un camion. Durante le pause, chiamava i suoi cari per esprimere la sua frustrazione e stress, affermando che non poteva più sopportare tali condizioni. Non solo non riusciva a celare il suo stato emotivo, ma attribuiva il suo stress lavorativo all’azienda.

Aveva cercato di difendere i suoi diritti, ma quando aveva tentato di protestare contro le condizioni lavorative diventate per lui un tormento, era stato schiaffeggiato davanti ai colleghi. Aveva condiviso l’episodio, che era stato confermato. Quest’evento costituiva un’ulteriore umiliazione per il camionista. Una condizione insopportabile che, secondo gli investigatori, lo ha portato a lanciarsi nel vuoto.

Non solo i parenti sostengono che la decisione drammatica sia stata causata dallo stress lavorativo. Ci sono anche dati che supportano l’ipotesi della Procura di Torino, tra cui una consulenza psicologica richiesta dal procuratore Vincenzo Pacileo.

Le indagini condotte dalla polizia stradale, dall’Ispettorato del Lavoro e dall’Spresal dell’Asl To3, hanno rivelato che l’azienda in passato era già stata penalizzata per violazione delle regole che proteggono la salute e sicurezza dei lavoratori.