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Un altro assalto contro l'Unifil ha portato a un ferimento di un membro delle forze di pace.

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Le forze di interposizione dell'Onu, nel sud del Libano, si trovano nel mirino dei conflitti tra Israele e Hezbollah. L'Unifil ha comunicato che un ulteriore casco blu, originario dell'Indonesia - il quinto in un breve lasso di tempo - è stato ferito nella notte tra venerdì e sabato, colpito da un...

Le forze di interposizione dell’Onu, nel sud del Libano, si trovano nel mirino dei conflitti tra Israele e Hezbollah. L’Unifil ha comunicato che un ulteriore casco blu, originario dell’Indonesia – il quinto in un breve lasso di tempo – è stato ferito nella notte tra venerdì e sabato, colpito da un proiettile con un’origine ancora non accertata, mentre si svolgeva un’operazione militare vicino al quartier generale situato a Ras al Naqoura. Già nei giorni precedenti, giovedì e venerdì, i peacekeeper – che ammontano a circa 10mila, con oltre mille italiani – avevano informato che quattro di loro, provenienti dall’Indonesia e dallo Sri Lanka, erano stati feriti, due dei quali sicuramente durante un attacco delle forze israeliane. Intanto, continua il bombardamento da parte di Hezbollah verso il nord di Israele e oltre. L’esercito israeliano ha riferito che, tra la vigilia di Yom Kippur e il sabato, le milizie sciite legate all’Iran hanno lanciato un totale di 320 razzi, droni e missili contro Israele, distruggendo un edificio ma senza riportare vittime. Sul tema degli attacchi a Unifil, è intervenuto il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, sottolineando che l’Italia desidera comprendere se si sia trattato di una decisione politica o militare. “I nostri militari non sono terroristi di Hezbollah e noi siamo alleati di Israele. Attendiamo risposte dall’indagine israeliana. I soldati italiani devono essere protetti”, ha ribadito. Da Bruxelles, varie fonti hanno segnalato che i “tentativi” per ottenere una dichiarazione di condanna da parte dei 27 Stati per gli attacchi israeliani contro le postazioni Unifil “sono attualmente in corso”, ma non sono ancora “stati completati”.

Il portavoce delle Nazioni Unite in Libano, Andrea Tenenti, ha dichiarato ad Afp che le forze israeliane hanno richiesto al contingente di ritirarsi lungo la Linea Blu, che si estende dal confine israeliano fino a cinque chilometri più a nord. Tuttavia, è stata presa una decisione unanime di rimanere, poiché è fondamentale che la bandiera dell’Onu continui a sventolare in questa area. Tenenti ha espresso grande preoccupazione riguardo alla possibilità di un “conflitto regionale con conseguenze disastrose per tutti”. Questa tensione è esacerbata dalle azioni dell’Idf, che ha chiesto l’evacuazione degli abitanti di ulteriori 22 paesi nel sud del Libano, suggerendo di spostarsi a nord del fiume Awali. Inoltre, il portavoce dell’esercito ha esortato gli operatori sanitari e i medici a evitare di usare ambulanze nella zona, poiché i miliziani di Hezbollah le utilizzerebbero per i loro spostamenti e l’Idf colpirebbe qualsiasi veicolo che trasporta uomini armati. Nonostante tali avvertimenti, Hezbollah ha lanciato 320 razzi contro Israele negli ultimi due giorni dal Libano meridionale. Venerdì sera, in coincidenza con l’inizio di Yom Kippur, ci sono stati forti esplosioni a Tel Aviv a causa dell’arrivo di due droni dal Libano; uno è stato abbattuto, mentre l’altro ha colpito un condominio a Herzliya, situato a nord di Tel Aviv. L’Idf ha fornito un aggiornamento sulle proprie operazioni in serata.

Le forze israeliane hanno eliminate numerose unità di Hezbollah e Hamas a Gaza durante lo Yom Kippur, registrando 280 assalti, di cui oltre 200 sono stati effettuati in Libano. I soldati hanno anche neutralizzato 50 membri del gruppo sciita in “conflitti ravvicinati”. Nella Striscia di Gaza, le operazioni hanno portato alla morte di oltre 20 combattenti a Jabaliya, insieme a diversi terroristi nel centro e nel sud della regione. Questa cifra è stata confermata dai servizi di emergenza dell’area, senza però indicare se si trattasse esclusivamente di combattenti armati. Nel frattempo, il New York Times ha divulgato nuove informazioni sul massacro del 7 ottobre. Secondo documenti raccolti dall’IDF a Gaza, Hamas aveva progettato di attaccare Israele già nell’autunno del 2022, ma aveva deciso di posticipare l’operazione sperando di coinvolgere l’Iran e Hezbollah. Anche Ismail Haniyeh, ex leader politico di Hamas, ucciso a Teheran a luglio, era al corrente del piano. Sul fronte iraniano, è emerso un presunto attacco informatico di grande portata, ma le informazioni restano non confermate ufficialmente. Questo evento ha messo l’Iran in uno stato di allerta, temendo un attacco imminente da parte di Israele. Secondo l’ex capo della cybersicurezza iraniana, le istituzioni, inclusi gli impianti nucleari, hanno subito un’invasione hacker “senza precedenti”. Tuttavia, non sono stati forniti dettagli sul momento in cui questo attacco sarebbe avvenuto, creando incertezze e suspence attorno alla notizia.

Un aspetto certo è che Teheran è in allerta da alcuni giorni, preparando una risposta alle aggressioni israeliane in seguito al lancio di missili del primo ottobre. Tale vendetta, come annunciato dal ministro della Difesa Yoav Gallant, si prevede sarà “letale, precisa e sorprendente”. Abolhassan Firouzabadi, ex segretario del Consiglio supremo del cyberspazio, ha rivelato un presunto grande attacco alla sicurezza all’interno delle istituzioni iraniane. Ha dichiarato che il governo, la giustizia e il parlamento hanno subito gravi attacchi informatici, con furto di dati sensibili, come riportato dal canale televisivo Iran International di Londra. “I siti nucleari e le infrastrutture legate alla distribuzione dei carburanti, alle municipalità, ai trasporti e ai porti sono stati tutti colpiti”, ha aggiunto Firouzabadi, specificando che questi obiettivi sono solo una frazione di una lunga lista di attacchi a livello nazionale. Dalle autorità iraniane non sono giunti commenti, e Israele non ha rilasciato dichiarazioni. Tuttavia, il regime degli ayatollah continua a focalizzarsi sul tradizionale avversario, che, dopo aver indebolito Hamas a Gaza e inflitto gravi danni a Hezbollah in Libano, sembra ora deciso a regolare i conti con l’Iran, leader dell’asse sciita. L’ipotesi di un cyberattacco sta emergendo come una delle possibili opzioni considerate da Israele.

Le recenti dichiarazioni di Gallant hanno messo in evidenza che una risposta militare potrebbe essere “inaspettata”, rendendo difficile per l’avversario “comprendere ciò che è accaduto e come”. Questo suggerisce la possibilità di un’operazione che non implichi necessariamente l’uso di ordigni aerei. Non è ancora chiaro se il governo di Netanyahu abbia delineato con precisione il piano d’azione, ma gli Stati Uniti hanno esortato l’alleato a evitare attacchi contro impianti nucleari e pozzi petroliferi in Iran, per prevenire conseguenze economiche e ambientali negative per tutta la regione. Un’altra strategia che resta in considerazione è l’idea di attacchi a strutture militari iraniane, specialmente quelle utilizzate per lanci di missili verso Israele.

Dal primo ottobre a oggi sono trascorsi 11 giorni, e Israele li ha sfruttati per esercitare pressione sull’Iran, generando in questo paese una crescente ansia. Funzionari informati sul delicato tema hanno comunicato alla Cnn che Teheran appare estremamente tesa e sta intensificando sforzi diplomatici con le nazioni del Medio Oriente nel tentativo di persuadere Israele a limitare la sua offensiva. Nel frattempo, il regime sta adottando provvedimenti più severi per scongiurare attacchi inattesi. Ad esempio, l’aviazione civile ha imposto divieti ai passeggeri riguardo l’imbarco di cercapersone e walkie-talkie, gli stessi dispositivi che Israele ha utilizzato per attacchi simultanei che hanno eliminato numerosi membri di Hezbollah in Libano. Ciò dimostra che Israele possiede le capacità operative per sconfiggere i propri nemici, senza dover sempre dipendere da aerei o forze di terra.