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Strage di Paderno Dugnano: processo immediato richiesto per Riccardo Chiarioni

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Paderno Dugnano, strage familiare: 108 coltellate e una premeditazione ancora incerta. La difesa punta sull'incapacità parziale di intendere, mentre la procura spinge per un processo rapido

Riccardo Chiarioni, quasi 18 anni, va a processo. Ma la storia è tutt’altro che semplice. Era ancora minorenne, ma la notte tra il 31 agosto e il primo settembre dello scorso anno, ha trasformato la sua casa di Paderno Dugnano in un palcoscenico di violenza inenarrabile, la strage. Il padre, la madre, il fratello di 12 anni: tutti uccisi a coltellate, dopo una festa di compleanno.

Strage a Paderno Dugnano, giudizio immediato per Chiarioni: si attende la perizia psichiatrica

La notizia è arrivata come un colpo al cuore per chiunque fosse a conoscenza di quel contesto familiare. Ma non era tutto così sereno, no. La giudice per i minorenni di Milano, Laura Margherita Pietrasanta, ha deciso di fissare la prima udienza per il 26 giugno, accogliendo la richiesta di giudizio immediato. Ma la difesa di Chiarioni non ha intenzione di arrendersi facilmente. L’avvocato Amedeo Rizza ha già fatto sapere che chiederà il rito abbreviato, mentre la perizia psichiatrica, attesa da mesi, è ancora in arrivo. Cosa dirà la relazione dell’esperto? Verrà fuori che il ragazzo fosse in grado di intendere e volere? E che dire del suo stato mentale, se influirà sul processo? La risposta è imminente.

A ottobre, la gip aveva nominato un esperto, Franco Martelli, per capire se Chiarioni avesse un vizio mentale che avrebbe potuto influire sulla sua responsabilità per ciò che riguarda la strage familiare di Paderno Dugnano. Lo psicologo incaricato sta lavorando su quello che potrebbe essere un aspetto cruciale: l’incapacità parziale di intendere. Certo, se fosse confermato, la pena potrebbe subire una drastica modifica.

Paderno Dugnano, strage familiare: 108 coltellate e una premeditazione ancora da dimostrare

La procura, intanto, ha spinto per un processo rapido. Perché quello che è successo è difficile da giustificare. 108 coltellate. Un numero che scuote, che arriva come un pugno nello stomaco. La maggior parte inferta al fratellino, e le immagini dell’autopsia, quelle prime analisi, hanno fatto emergere un numero che non poteva passare inosservato. La premeditazione? L’accusa ci sta lavorando. La difesa, ovviamente, contesta.

“Volevo cancellare tutto”, ha detto lui durante l’interrogatorio. Una frase che lascia spazio a tante riflessioni, a tanti perché. Un malessere che durava da tempo, un senso di estraneità, una voglia di sentirsi immortale, liberarsi di tutto. Uccidendo. In camera sua, un’immagine inquietante: il Mein Kampf di Hitler, i discorsi di Mussolini, disegni di aquile romane e simboli fascisti. E accanto, parole che non avevano alcun legame diretto con la realtà di quella famiglia: lame, coltelli, violenza.

Ma la difesa non è arrendevole. Ha nominato un esperto, lo psichiatra Marco Mollica, per sostenere che Chiarioni avesse un’incapacità almeno parziale di intendere. Perché a ben guardare, non c’era nulla che giustificasse una strage. La sua descrizione delle vacanze con i familiari, che lui dice serene, potrebbe sembrare la testimonianza di una vita normale. Ma, come lui stesso ha raccontato, quella sera, durante la festa del papà, qualcosa è cambiato.

“Ho pensato di farlo quella sera,” ha spiegato davanti alla giudice. Non c’era un movente preciso, almeno non quello che si può comprendere facilmente. Ma c’era qualcosa di dentro, che forse nessuno aveva visto.