Era il giugno del 2020 quando la medesima direzione ospedaliera si era trovata a dover chiudere la maternità a causa del Citrobacter che si annidava nei rubinetti della Tin.
103 neonati prematuri erano stati infettati e 4 di loro erano morti. In altri 6, poi, erano state riscontate disabilità. Nella giornata di sabato è arrivata la conferma ai vertici del Dipartimento Materno-Infantile dell’Aoui dello stop temporaneo ai parti prematuri: che la causa sia la stessa?
Batterio Citrobacter e stop ai parti prematuri: il caso
Il batterio in questione, in realtà, non è mai stato nominato nella comunicazione, perché si è in attesa delle analisi i cui risultati si sapranno oggi.
Tre bambini, però, sarebbero risultati positivi allo screening. Fortunatamente, nessuno di loro ha sviluppato patologie potenzialmente mortali. Il caso riaccende la luce su quanto accadde solo pochi anni fa, la tempestività di questi giorni all’epoca non fu riscontrata e i problemi che ne derivarono furono evidenti.
Batterio Citrobacter e stop ai parti prematuri: il precedente
“Se confermeranno che è Citrobacter, vuol dire che la vera sorgente non è stata mai identificata e allora bisogna smantellare il reparto, letteralmente, perché non si può mettere a rischio la vita di altri neonati.
Il quadro è molto preoccupante” – spiega il professor Ercole Concia. “Se oggi, con tre neonati colonizzati, l’azienda ha deciso di intervenire preventivamente, al tempo non lo fece: il grandissimo ritardo con cui mise in atto azioni di salvaguardia portarono a un bilancio drammatico tra decessi e danni irreversibili” – è la riflessione del professore.