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Stipendi nello sport, un calcio alla concorrenza: il pallone nella sua veste più competitiva

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Le ultime vicende di scommessopoli hanno riaperto una delle piaghe più dolenti del mondo calcistico: nel mirino mondiale finiscono anche gli stipendi dei calciatori, eccessivi rispetto a quelli degli altri sportivi

Pecunia non olet, il denaro non ha odore, dicevano gli antichi Romani. Aggiungerei un ‘ba’ tra la ‘e’ e la ‘t’, così da farlo diventare passato e, perché no, richiamare il suono di un’interiezione che ben descrive un sentimento che ci torna utile: lo stupore. Fin qui ancora acqua, solo due indizi: denaro e stupore. Scommettiamo che il terzo non serve? Anche perché ve l’ho appena dato, a inizio domanda. Quindi siamo a tre: denaro, stupore, scommesse. Direi che ci siamo: si parla di calcio.

Il calcio è lo sport più seguito al mondo. È il sogno di ogni bambino che insegue un pallone per strada e di ogni adolescente che sacrifica le domeniche con gli amici per vestire una maglia che un giorno potrebbe diventare quella della sua squadra del cuore. È fatica e dedizione, passione e rinunce. Può essere anche un lavoro, uno di quelli a tempo pieno, anche se detta così fa un po’ ridere (per non piangere). Qualcuno un giorno ha detto: «A fine mese, quando ricevo lo stipendio, mi faccio un esame di coscienza e mi domando se me lo sono guadagnato». Non era un calciatore, era un magistrato, uno dei due uccisi dalla mafia nel 1992: si chiamava Paolo Borsellino. Il tris di indizi –denaro, stupore e scommesse – inizia ad avvicinarsi al fuoco. Quindi una domanda: quanto guadagna un giocatore professionista di calcio? Escludendo la pseudo attenuante per cui il guadagno terrebbe conto della brevità della carriera, gran parte dei calciatori scende in campo per cifre a cinque (spesso sei) zeri che ogni mese entrano sul conto bancario. E non finisce mica qui: pubblicità viventi e oggetti di marketing quali sono, i calciatori sono spesso attori di film il cui ciak il più delle volte è chiamato fuori dal campo da calcio. Il resto dello sport mondiale intanto resta a guardare, sulle poltrone coi popcorn in mano, mentre i cugini del pallone guadagnano cifre altrove sconosciute. Ciclisti, nuotatori, pallavolisti, sciatori, tennisti e chi più ne ha più ne metta, tanto all’appello non manca nessuno.

Una soluzione al problema degli stipendi eccessivi in realtà ci sarebbe: si chiama salary cap, tetto salariale, ed è la somma di denaro di cui ogni società dispone per pagare gli stipendi dei giocatori. Questa cifra, diversa per ogni squadra, permette di ridurre lo squilibrio tra squadre grandi e squadre piccole. Pur confidando – senza esagerare, siamo sempre nel Paese che scrive leggi per aggirarle, figuriamoci se diamo retta a quelle degli altri – nella possibilità di applicare il salary cap, c’è qualcos’altro ad accrescere lo stupore di cui sopra: qualcuno parla di scommessopoli, qualcun altro di calcioscommesse. A me piace parlare di ‘calcioscoperte’, perché si tratta di una faccia che, pur non appartenendo al calcio come disciplina sportiva, diventa sempre più identificativa del contesto che gli fa da cornice. Scommesse, imbrogli, scandali, condanne: un quadrilatero anche questo, che molti calciatori sembrano preferire a quello tradizionale. Che lo facciano per insoddisfazione, noia o divertimento non sta a noi dirlo né saperlo. Ma è evidente che il denaro non dà onore. E odore ce l’ha e come, e stavolta non è buono.