La lunga notte di lavori nella commissione Bilancio non è stata sufficiente a concludere l’esame delle proposte di modifica alla Manovra economica.
Stipendi ministri, niente equiparazione: la manovra arriva in aula mercoledì
I lavori sono stati interrotti e riprenderanno nel pomeriggio, intorno alle ore 15, dopo che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, avrà presentato le sue comunicazioni in Aula in vista del prossimo Consiglio europeo.
L’iter della Manovra prevede l’arrivo in Aula mercoledì per l’approvazione della fiducia, con la votazione finale prevista per venerdì. Tuttavia, persiste il rischio di un rinvio dell’approvazione definitiva al Senato oltre il periodo natalizio.
La notte tra il 16 e il 17 dicembre è stata particolarmente delicata, con la necessità di accelerare i tempi per garantire che il testo venga approvato entro la scadenza stabilita. Dopo ore di impasse e brevi sospensioni, un importante punto di svolta è arrivato intorno alle tre del mattino, quando il governo è riuscito a siglare un accordo con il Partito Democratico e Alleanza Verdi-Sinistra. Tra i temi principali in discussione figuravano le concessioni autostradali ed elettriche, insieme ad altre richieste avanzate dalle opposizioni.
Uno dei nodi più spinosi ha riguardato l’emendamento relativo all’aumento degli stipendi per i ministri e sottosegretari non parlamentari. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha difeso inizialmente la proposta, sottolineando come sia iniquo che persone con lo stesso ruolo ricevano trattamenti economici diversi.
Manovra: salta l’equiparazione stipendi ministri, atteso l’esame in aula mercoledì
Tuttavia, per evitare ulteriori polemiche, si è infine deciso di ritirare l’emendamento.
Al posto dell’aumento salariale, è stata introdotta una misura che prevede esclusivamente il rimborso delle spese di trasferta per ministri e sottosegretari non parlamentari che non risiedono nella capitale. Per coprire tali rimborsi, verrà istituito un fondo specifico presso la Presidenza del Consiglio con una dotazione annuale di 500.000 euro a partire dal 2025.
Un altro aspetto centrale delle modifiche riguarda la cosiddetta “norma anti-Renzi”, che limita i compensi extra-Ue per alcune categorie politiche.
La versione riformulata dell’emendamento ha escluso i membri del governo dal divieto e ha introdotto un tetto massimo di 100.000 euro annui, subordinando l’accettazione dei compensi all’autorizzazione preventiva degli organi competenti. La misura si applica ai presidenti di Regione, alle province autonome di Trento e Bolzano e ai parlamentari, fatta eccezione per coloro eletti all’estero. L’obiettivo è evitare conflitti di interesse legati a contributi o pagamenti provenienti da entità al di fuori dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo.
La trattativa, pur complessa, ha segnato un passaggio cruciale per l’approvazione della legge di bilancio, che continua a essere al centro di un intenso dibattito politico e istituzionale.