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Un amore malato e la nascita di un incubo
Nel 2015, la Basilica di Sant’Antonio a Padova è diventata il teatro di una storia inquietante. Un prete di 55 anni ha iniziato a ricevere attenzioni indesiderate da una parrocchiana di 72 anni, che si è dichiarata innamorata di lui. Quella che sembrava una semplice richiesta di conforto spirituale si è trasformata in un incubo durato anni. La donna, convinta di avere solo quattro mesi di vita, ha persuaso il sacerdote a darle il suo numero di telefono, dando inizio a una serie di molestie che avrebbero segnato la vita del religioso.
Le molestie e il trasferimento del prete
Nonostante i ripetuti tentativi del prete di interrompere ogni contatto, la donna ha continuato a perseguitarlo, cambiando numero di telefono e contattandolo incessantemente. Dopo un anno di tormento, il sacerdote ha chiesto un trasferimento a Bologna, sperando di trovare un po’ di pace. Tuttavia, la parrocchiana non si è arresa e lo ha rintracciato, continuando a molestarlo telefonicamente. Le sue accuse, tra cui quella di violenza sessuale, hanno ulteriormente aggravato la situazione, costringendo il prete a cercare supporto psicologico per affrontare l’ansia e lo stress causati da questa situazione insostenibile.
Il processo e le testimonianze
Il caso è giunto in tribunale, dove la donna è stata accusata di stalking. Durante il processo, sono stati chiamati a testimoniare l’arcivescovo di Genova, Marco Tasca, e altri membri della comunità ecclesiastica, che hanno confermato le persecuzioni subite dal sacerdote. Nonostante le accuse della donna siano state archiviate, il giudice ha emesso un divieto di avvicinamento, cercando di proteggere il prete da ulteriori molestie. La storia ha sollevato interrogativi sulla sicurezza dei religiosi e sulla necessità di proteggere le vittime di stalking, anche all’interno della comunità religiosa.