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No, davvero, lo penso sul serio. Spero che tu, ovunque sia, lì, curvo sulla tua scrivania, attaccato al telefono anche quando sei in bagno, stia bene!
Spero che tu sia riuscito a superare tutti gli acciacchi che potrebbero averti tormentato. E spero vivamente che con il cambio di stagione tu non ti prenda una brutta influenza. Ah, e naturalmente, spero che tu possa goderti il prossimo weekend e quel che resta del bel tempo.
Sembra poco spontaneo vero? Forse, allora, è il momento di cambiare la formula introduttiva delle nostre mail. Un articolo del New York Magazine ha annunciato da poco che l’espressione “Spero che tu stia bene” abbia fatto il suo tempo.
E francamente, siamo d’accordo.
D’atra parte dovrebbe essere un dato di fatto che se scriviamo una mail a qualcuno speriamo in cuor nostro che questo qualcuno sia in buona salute (almeno che sia abbastanza in forma per risponderci). C’è qualcuno che pensa davvero che omettendo queste poche parole il mittente possa augurare una malattia a chi riceve la mail?
Una volta che questa formula ha preso piede, è difficile cambiare.
Cosa succede se il vostro corrispondente, nella sua mail di risposta, si dimentica di chiedervi se state bene? Chi siamo per credere che ci voglia in sala rianimazione?
E’ ora di eliminare queste ambiguità ed è il momento di rottamare “Spero che tu stia bene”, lasciamo che segua lo stesso destino di “Tutto bene?” e “Buona giornata!”
Ma allora, cosa potremmo scrivere? Vediamo le opzioni…
Spero che tu stia male.
Da una parte un simile esordio potrebbe aumentare la possibilità di ricevere una risposta, per quanto offensiva.
D’altro canto però potrebbe essere un segnale per il ricevente per non avere più contatti con voi. Provate, a vostro rischio e pericolo.
Come va la vita?
Meglio, perché è una domanda, a tutti gli effetti. Tuttavia non chiede una risposta particolarmente articolata. La sua vena ipocrita è mascherata di spontanea sincerità – l’equivalente email di Justin Bieber che canta canzoni d’amore ad una folla urlante di quattordicenni, quando in realtà vorrebbe essere da tutt’altra parte.
Il rischio, ovviamente, è che chi riceve la mail si senta autorizzato a spiegare le proprie condizioni di salute e che voi veniate risucchiati in una conversazione sui movimenti del suo gomito. Da usare con cautela.
Ehilà?
Da usare solo se siete un casanova impenitente appena uscito da una sitcom degli anni 90 ambientata a New York, con un debole per il pastrami. In questo caso, comunque, è probabile che non abbiate mai spedito una mail in tutta la vostra vita.
Una domanda personale
I ragazzi si stanno divertendo al campeggio estivo? Hai trovato il gatto? Hai provato ad abbassare il ritmo cardiaco a riposo a meno di 70 battiti al minuto?
E’ bello mostrare il vostro interesse nell’introduzione della mail, ma solo se conoscete davvero la persona a cui state scrivendo. Altrimenti sembrerebbe ipocrita, sospetto e darebbe l’idea che stiate spiando il vostro interlocutore su Facebook.
Come sta/stai?
Forse è il momento di rispolverare un vecchio classico. La risposta corretta è “bene, grazie”, che dovrebbe eliminare il rischio di una risposta troppo onesta. Meno rischi di passare come un membro dei giovani Brexitiani.
Niente
Pensate a tutti i secondi che avete sprecato per scrivere “Spero che tu stia bene.” Anni. Forse addirittura secoli. Adesso ditemi una buona ragione per ribadirlo tutte le volte.
Non basta presumere che tutti speriamo che tutti stiano bene? Andate dritti al punto, la vostra reputazione non ne risentirà.