Dal primo aprile, con il termine del regime emergenziale, cambiano radicalmente le regole dello smart working in Italia.
Smart Working, nuove direttive: cosa cambia
Nonostante il tentativo di prorogare il regime tramite il Milleproroghe, il governo Meloni ha ribadito la priorità del ritorno alla normalità. Questo significa che i lavoratori fragili e quelli con figli sotto i 14 anni non potranno più usufruire dello smart working come prima.
Fino al 31 marzo, dipendenti del settore privato con figli minori di 14 anni o lavoratori fragili potevano richiedere lo smart working semplificato.
Tuttavia, con l’abolizione di tali criteri di priorità, l’accesso al lavoro agile dipenderà dall’accordo tra datore di lavoro e dipendente.
Per continuare a lavorare da remoto, i dipendenti dovranno negoziare un accordo con il datore di lavoro, come previsto dalla legge. Il mancato rispetto di tali accordi potrebbe comportare sanzioni fino a 500 euro.
Smart Working, cosa cambia con le nuove direttive
Nella Pubblica Amministrazione, dopo la fine del diritto automatico allo smart working per i lavoratori fragili, restano valide le misure organizzative previste dalla direttiva del ministro Zangrillo.
I dirigenti dovranno individuare le misure più adeguate per proteggere i dipendenti, considerando l’impatto sul servizio pubblico.
Nonostante l’Italia elimini lo smart working, a livello globale questa modalità di lavoro è in crescita. Secondo il Politecnico di Milano, nel 2023 i lavoratori da remoto sono cresciuti del 541% rispetto al periodo pre-Covid. Le grandi imprese sono tra le principali sostenitrici di questa tendenza, con oltre la metà dei dipendenti che ne usufruiscono.
Si prevede che nel 2024 gli smart worker in Italia saranno 3,65 milioni.