La sorella di Moussa Sangare, l’uomo di 30 anni che ha ammesso di aver ucciso Sharon Verzeni, ha espresso gravi accuse.
Secondo lei, nonostante la sua famiglia avesse presentato tre denunce per violenze e inviato numerose lettere al sindaco e ai servizi sociali, nessuna azione è stata intrapresa per fermare gli abusi o aiutare il fratello a superare la sua dipendenza da sostanze stupefacenti. Codacons, riferendosi a questa situazione, ha richiesto alla Procura della Repubblica di Bergamo di indagare gli enti locali responsabili. L’associazione ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di voler capire se, sulla base di ciò che è stato riportato dai media, vi siano state negligence o omissioni da parte delle autorità locali che possano aver contribuito in qualche modo alla tragica morte di Sharon Verzeni.
Codacons vuole determinare se l’Azienda Sanitaria Locale, l’amministrazione comunale e altri enti competenti fossero effettivamente a conoscenza del rischio che Sangare rappresentava, quali azioni siano state intraprese per proteggere la famiglia e la comunità, e se tutti i protocolli previsti in caso di denuncie per violenze, abusi e tossicodipendenza siano stati seguiti. In questo contesto, l’associazione annuncia che presenterà una denuncia alla Procura di Bergamo, chiedendo che le indagini siano estese per considerare la possibile ipotesi di concorso in omicidio volontario premeditato da parte delle autorità locali coinvolte.