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Se ora Salvini rinnega di aver chiuso i porti

salvini rinviato a giudizio

Dice Salvini che lasciare i migranti alla deriva in mezzo al mare era un obbligo morale di un patriota vero, solo che specifica di non essere stato lui.

È la sua natura, non riesce a scapparne e ogni volta si aggrappa ai suoi slogan. Solo che gli slogan, per fortuna, marciscono in fretta e così regolarmente accade che i fatti si rivelino inadeguati e fotografino perfettamente lo spessore del personaggio. Sia chiaro: che Salvini pensi di volersi rivendere come “difensore dei confini italiani” è legittimo ma che poi nei fatti sia molto distante dal sergente di ferro che vuole apparire è negli atti che lui stesso ha sottoscritto. Accade nel processo Open Arms ma se ci pensate bene è accaduto con le sue posizioni sull’Europa, con la sua finta difesa per i commercianti (che infatti lo accusano tutti di “tradimento” dopo essere stati istigati per mesi) e in decine di altre situazioni.

Matteo Salvini è stato rinviato a giudizio dal gap di Palermo Lorenzo Jannelli per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio perché secondo la Procura avrebbe illegittimamente impedito l’attracco a Lampedusa della nave dell’ong catalana Open Arms con 147 migranti soccorsi in mare nell’agosto 2019 quando era ministro dell’Interno del primo governo Conte. Il tribunale dei ministri aveva chiesto l’’autorizzazione a procedere nel febbraio del 2020 e il 30 luglio era arrivato il via dal Senato. La vicenda ricorda molto da vicino il processo sulla nave Gregoretti, in corso a Catania, ma evidentemente la linea difensiva del leader della Lega è cambiata.

In superficie ovviamente la reazione di Salvini è sempre la stessa: “È una decisione dal sapore politico più che giudiziario” dice Salvini che si lancia perfino a citare l’articolo 52 della Costituzione per rivendere la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino poi ci sono ovviamente i soliti slogan dei “porti chiusi” e la solita letteratura. Nelle carte invece Salvini è molto diverso dalla proiezione che vorrebbe dare di sé e nelle 110 pagine di memoria difensiva pilatescamente esclude «in radice la possibilità di attribuire al Ministro dell’Interno la responsabilità per non avere autorizzato lo sbarco dei migranti»: in pratica non è stato lui, dice. Capito? Il gesto di cui Salvini va orgoglioso e che si appunta come una medaglia al petto non è farina del suo sacco.

Quindi, cari elettori che vedete in Salvini il difensore della patria potete prendere nota: dice Salvini che «l’autorità responsabile dell’esecuzione della convenzione Sar nel Ministro dei Trasporti e della navigazione e indica il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto quale organismo nazionale che assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo». Insomma, vi siete affezionati all’uomo sbagliato. Alla fine forse il vero patriota era Toninelli, ci credete?

E per quanto riguarda l’accusa di sequestro di persona la difesa di Salvini riconosce che la privazione della libertà «costituisca un comportamento» che si può considerare «oggettivamente illegittimo» ma si dice costretto a farlo per «realizzare l’esercizio del potere» di cui Salvini era investito. Salvini scappa e riversa le sue responsabilità (di cui si fregia in pubblico) sui suoi ex compagni di governo e su altre autorità. Coraggioso, davvero.

In compenso dice Salvini che i medici che sono saliti a bordo della nave avrebbero esagerato l’emergenza sanitaria. Ci si aspetterebbe quindi che Salvini abbia denunciato, fatto qualcosa contro quei medici ritenuti in mala fede. E invece niente, niente di niente. Per sintetizzare: dice Salvini che lasciare i migranti alla deriva in mezzo al mare era un obbligo morale di un patriota vero, solo che specifica di non essere stato lui. Buono a sapersi