Josè Saramago era un grandissimo scrittore, uno scrittore scomodo, hanno detto in molti dopo la sua morte. Moltissimi altri, invece, hanno detto che Saramago era soltanto un senza Dio, un ingrato, un comunista della peggior specie, capace di attaccare tutti ma non abbastanza umile da fare autocritica. Libero, Il Giornale, L’Osservatore Romano, Il Tempo, si sono lasciati andare a giudizi che sapevano di vendetta e di scomunica verso chi era stato colpevole di aver attaccato senza mezzi termini le stelle polari che guidano il cammino di questi giornali italiani: la religione e Berlusconi.
Uno scrittore scomodo, appunto.
Vediamo alcuni passi significativi di questi necrologi-pamphlets:
L’Osservatore Romano: “Un populista estremistico come lui, che si era fatto carico del perché del male nel mondo, avrebbe dovuto anzitutto investire del problema tutte le storte strutture umane, da storico-politiche a socio-economiche, invece di saltare al per altro aborrito piano metafisico e incolpare, fin troppo comodamente e a parte ogni altra considerazione, un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza”.
Libero: “Le posizioni politiche di Saramago, le stesse che abbiamo letto per anni, ogni giorno, su decine di giornali di sinistra, sprofondano nella noia. E il genio si appanna”.
Il Tempo: “Il portoghese non argomenta, parla per slogan. Come quello per il lancio del libro, appena tradotto in italiano da Feltrinelli: «Che diavolo di Dio è questo che per innalzare Abele, disprezza Caino?». Pare di stare ad Annozero, con gli agitatori Travaglio, Santoro, Saviano. Fatti tutto con lo stampo.”
Vi risparmio gli altri giornali.
Poveri noi. Lasciamo stare il giornale del Vaticano, con un Claudio Toscani posseduto dallo spirito di Bernardo Guy; nelle sue parole si legge tutto il timore e il disprezzo per la bestemmia dell’ateismo. Un articolo che mostra tutta la ridicola paura che la Chiesa può avere nei confronti del diverso, per il quale non è capace di mostrare misericordia e comprensione, ma solo accuse e vendetta verbale. Forse anche Saramago era così esacerbato verso ciò che non apparteneva al suo ideale; ma se l’organo di comunicazione della Santa Chiesa, del vicario di Cristo in terra, è capace di questa acredine, allora abbiamo un motivo in più per riflettere su quelle accuse di ingiustizia e incoerenza che lo scrittore portoghese era solito lanciarle.
Libero e il Tempo, comunque, raggiungono l’apice del ridicolo: Saramago, grande detrattore di Berlusconi, ingrato ex Einaudi, va nel novero dello squallido cast della sinistra italiana e degli agitatori che popolano Annozero. Voli pindarici della propaganda….se critichi Berlusconi, puoi andare a sedere tra gli agitatori Santoro e Travaglio. Saramago parlava per slogan? Forse, ma almeno erano i suoi, non erano quelli del suo editore o referente politico. Anche in questo caso, ripetiamoci, è probabile che Saramago sapesse odiare con enorme passione. La differenza fondamentale risiede nel fatto che il premio Nobel lo faceva perché era ispirato, non perché era pagato.