Roma, 27 giu. (Adnkronos Salute) – Addio a guasti, al caldo in reparto e al braccio che fa male per agitare un ventaglio in attesa di una visita o di un esame. Queste scene appartengono all'ospedale del passato. "L'obbligo normativo ci impone un microclima controllato negli ambienti sanitari e nel 2024 tutte le strutture rispondono. Secondo una survey Fiaso completata nel 2023 su 27 aziende sanitarie, 350 edifici interessati, quindi un dato abbastanza corposo, tra l'87% e il 89% degli edifici usati per scopi sanitari è climatizzato; il rimanente 11-13% erano magazzini che non necessitavano di aria condizionata". Così Alessandro Caltagirone, vice presidente della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) e direttore generale dell'Asp di Siracusa, fa il punto per l'Adnkronos Salute sull'aria condizionata negli ospedali. Oggi molte Asl e strutture hanno impianti di cogenerazione e fotovoltaici, "ci sono tanti esempi di buone pratiche, molti progetti sono stati attuati con fondi aziendali e altri con partnership pubblico-privato", aggiunge Caltagirone. Insomma, oggi l'aria condizionata in ospedale è molto più 'green'.
"Più che parlare di climatizzazione delle aree ospedaliere dovremmo parlare di ventilazione – precisa il vice presidente Fiaso – ovvero di ricambi d'aria a seconda delle zone e della specificità. Le sale operatorie e le terapie intensive hanno un numero di ricambi l'ora pari a 15. Significa che in un'ora viene cambiato 15 volte il volume dell'aria nella stanza. E poi – prosegue – ci sono ambienti in cui sono necessari 2 ricambi l'ora, vedi le degenze. Le temperature devono essere controllate come anche il livello di umidità". Ma quanto costa ad una azienda sanitaria condizionare gli ambienti? "Non dobbiamo pensare solo ai mesi estivi perché gli impianti di climatizzazione lavorano h24 per 365 giorni l'anno. Quindi una stima per la produzione di calore, attraverso il metano o con l'assorbimento elettrico, per un ospedale con 4-500 posti letto arriva facilmente a 6-8 milioni di euro l'anno tra parte elettrica e termica", risponde il direttore.
Nel 2021-2022 le aziende sanitarie "hanno sofferto il picco dei costi dell'energia, ma era già iniziato un importante investimento in impianti di cogenererazione o fotovoltaici e oggi ci sono tante buone pratiche anche al Sud – osserva Caltagirone – Ad esempio il Policlinico di Messina ha attivato un cogeneratore nel 2017, oppure l'Asp che guido ha attivato sui tetti dell'ospedale di Lentini un impianto fotovoltaico. La Toscana ha fatto grandi investimenti in tal senso".
"Qualche anno fa a Torino ci fu il fermo delle caldaie – ricorda Caltagirone – Può capitare quando gli impianti di climatizzazione sono vetusti. Dobbiamo evidenziare che quasi il 60% del patrimonio ospedaliero italiano è stato realizzato prima degli anni '70 e su questi è più complicato mettere mano con interventi di riqualificazione energetica".
Molti ospedali 'più giovani' hanno puntato invece al rinnovamento energetico. "E' migliorata la sensibilità su questo fronte e le società che si occupano della manutenzione degli impianti si propongono di lavorare sull'aggiornamento delle tecnologie per un efficientamento energetico a lungo termine e, quindi, si prolungano i contratti con il vincolo di avere sempre un impianto moderno e al passo con la sostenibilità", sottolinea il vicepresidente Fiaso.
Come i condomini anche gli ospedali hanno un'agenda 'green' da seguire. "Abbiamo tanti appuntamenti nei prossimi anni, c'è l'Agenda 2030 da rispettare – conclude – la classifica energetica degli edifici, gli impegni per la 'classe A', obiettivi che le strutture moderne possono facilmente raggiungere, mentre quelle più datate o vincolate dalle Soprintendenze hanno difficoltà maggiori".