Roma, 11 lug. (Adnkronos Salute) – Dal 2012 al 2022 "è aumentato in sanità il ricorso al lavoro a tempo determinato e interinale (dal 2012 al 2022 un balzo del +75,4%), e tra il 2015 e il 2022 le retribuzioni dei medici nella pubblica amministrazione sono diminuite, in termini reali, del 6,1%. La spesa per lavoro a tempo determinato, consulenze, collaborazioni, interinale e altre prestazioni di lavoro sanitarie e sociosanitarie provenienti dal privato è stata pari a 3,6 miliardi di euro nel 2022, con un incremento del +66,4% rispetto al 2012". Sono alcuni dei dati presentati oggi nel nuovo Rapporto Fnomceo-Censis, 'Il necessario cambio di paradigma nel Servizio sanitario: stop all'aziendalizzazione e ritorno del primato della salute', presentato questa mattina a Roma in occasione del convegno 'Dall'economia al primato della persona', organizzato dalla stessa Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.
Dall'indagine è emerso che sono ormai "9 italiani su 10 a dichiararsi convinti e preoccupati del fatto che il vincolo di bilancio è stato troppo a lungo il re incontrastato delle decisioni relative alla spesa pubblica per la sanità". Ben l'85% dei connazionali ritiene opportuno investire per restituire attrattività al lavoro degli operatori sanitari. Contratti precari e basse retribuzioni sono tra i motivi che rendono poco attraente rimanere nel Servizio sanitario nazionale, così medici e infermieri puntano alla fuga all'estero. "Le diffuse esperienze degli italiani, di liste di attesa molto lunghe per l'accesso a prestazioni sanitarie nelle strutture pubbliche o del privato accreditato, e il relativo inevitabile ricorso al privato puro per accorciare i tempi di accesso, o anche quelle in strutture e servizi intasati e non in linea con gli standard attesi di qualità, hanno reso drammaticamente attuale l'urgenza sociale di un diverso approccio alla sanità", ricorda la Fnomceo della nota di commento all'indagine.
"La necessità di intervenire rapidamente attraendo nuovi medici e trattenendo quelli in servizio – avverte – è resa più stringente dal fatto che negli ultimi 24 mesi, direttamente o tramite familiari il 44,5% degli italiani ha sperimentato situazioni di sovra-affollamento in reparti ospedalieri o strutture sanitarie", come risulta dal report. "Sono esperienze condivise dal 44,7% nel Nord-Ovest, dal 39% nel Nord-Est, dal 45,5% nel Centro e dal 46,8% al Sud-Isole. Il moltiplicarsi di aggressioni ai medici – si osserva – non è altro che la trasformazione del medico stesso nel capro espiatorio di contesti difficili ed eventuali prestazioni non in linea con le aspettative. Secondo l'84,3% degli italiani, le aggressioni ai medici sono un'emergenza su cui occorre intervenire con provvedimenti urgenti ed efficaci".
Dalla ricerca Fnomceo-Censis, emergono indicazioni operative molto precise: "Avere più medici con retribuzioni più gratificanti in linea con quelle di un numero consistente di Paesi europei; impegnare più risorse pubbliche per ampliare la capacità di erogare prestazioni e accogliere pazienti in una sanità alle prese con gli effetti dell'intenso invecchiamento della popolazione", sottolinea la Federazione nazionale Ordini medici.
Secondo la Fnomceo, "il potenziamento sostanziale del finanziamento pubblico è una sorta di precondizione ineludibile, tuttavia non esaurisce la gamma di problematiche da affrontare poiché, a questo stadio, quel che va rimesso in discussione è un approccio di fondo, culturale e operativo, troppo a lungo egemone nella sanità italiana. E' l'approccio aziendalistico – registra la federazione – in cui il rispetto di vincoli di bilancio prevale su criteri di valutazione fondati sulla necessità e l'appropriatezza delle prestazioni per la tutela della salute dei cittadini e che, di conseguenza, pone il medico in posizione subordinata rispetto ai responsabili economico-finanziari della sanità". Dall'indagine emerge comunque che "quasi il 92% degli italiani considera la sanità per tutti quale motivo di orgoglio per il Paese e distintività a livello internazionale. Anche per questo, l'83,6% dichiara esplicitamente che, dopo l'esperienza traumatica del Covid, si aspettava molte più risorse e un impegno più intenso per potenziare la sanità".
In particolare,"il 92,5% degli intervistati indica come urgenza suprema procedere all'assunzione di medici e infermieri nel Ssn. Mentre l'84,5% è convinto che avere troppi medici con contratti temporanei indebolisce la sanità. Per l'87,2% è quindi prioritario migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni dei medici, proprio perché li considerano la risorsa più importante della sanità". Secondo Filippo Anelli, presidente Fnomceo, "è necessario un nuovo paradigma che metta al primo posto la centralità assoluta della tutela della salute, della prevenzione e del follow-up, introducendo i principi del governo clinico nella gestione delle risorse e l'attribuzione ai medici di un ruolo essenziale in questi processi decisionali. Bisogna passare da un modello che vede la definizione delle risorse come primo atto, per poi passare a massimizzare la redditività per cercare di centrare gli obiettivi di efficienza assistenziale, ad uno che invece definisce prima gli obiettivi di salute e gli strumenti assistenziali per poi individuare tutte le risorse necessarie".