Roma, 9 lug.
(Adnkronos Salute) – "Sanguinamento delle gengive, alitosi, mobilità dei denti, spostamento dei denti rispetto alla posizione che avevano originariamente", cioè "una decade più giovane". Sono i segni clinici della "parodontite, una patologia cronica non trasmissibile" che "colpisce circa il 50% degli italiani nelle sue forme più moderate e almeno un italiano su 10 nelle sue forme più gravi. Il momento in cui l'odontoiatra o il parodontologo intercetta più frequentemente la patologia nel paziente è intorno ai 38-40 anni, perché è in questo momento che il paziente inizia a percepire i primi sintomi.
In realtà, se noi dovessimo svolgere correttamente la prevenzione, potremmo intercettare questi sintomi molto prima rispetto a quando il paziente invece inizia ad accorgersi" del problema. Così Silvia Masiero, segretario della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp), spiega all'Adnkronos Salute la patologia del cavo orale, in occasione della Giornata nazionale della parodontite che si celebra oggi.
Grazie a degli screening, "gli addetti ai lavori, gli odontoiatri, gli igienisti dentali, ancor più i parodontologi, potrebbero fare prevenzione – osserva Maniero – intercettando i segni clinici prima che il paziente invece percepisca i sintomi".
La prevenzione della parodontite si fa "essenzialmente con le buone regole domiciliari di igiene orale, utilizzando lo spazzolino almeno 2 volte al giorno per 2 minuti e utilizzando i presidi interventali in modo adeguato. Il professionista" invece può prevenire il disturbo eseguendo "manovre di igiene con modalità adeguata e rapportata alla gravità della patologia". In quanto patologia cronica non trasmissibile, "la parodontite – illustra l'esperta – è una patologia sostenuta da una disbiosi, quindi da un'alterazione dei microrganismi a livello del parodonto, però questa disbiosi, che è una condizione necessaria, non è sufficiente a far sviluppare la patologia.
Questo significa che ci sono dei fattori di rischio locali, comportamentali o sistemici che modificano la modalità di progressione della patologia e la velocità con cui questa diventa via via più grave. E questi fattori sono le patologie sistemiche altrettanto croniche, non trasmissibili, come l'ipertensione, le patologie cardiovascolari, il diabete e i fattori comportamentali che, ahimè, sono ancora molto comuni come il fumo, la dieta e gli stili di vita non corretti".
Dal punto di vista degli stili di vita, idealmente si tratta di "non fumare, perché sappiamo che il paziente che ha parodontite e che fuma – conclude Maniero – ha una probabilità di aggravamento della parodontite di 3 volte superiore rispetto al paziente che non fuma". E poi ci sono appunto le buone abitudini che "ognuno di noi dovrebbe mettere in pratica: una dieta sana, equilibrata, con un buon apporto vitaminico, svolgere quotidianamente un'adeguata attività fisica: la sedentarietà, per questo tipo di patologia, è considerata un fattore aggravante".