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Sabato a Roma, si è sollevato un allerta riguardo a possibili infiltrazioni durante la manifestazione a favore della Palestina, con verifiche attuate ai caselli.

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Sicurezza rafforzata a Roma per il corteo Pro Palestina: controlli, social media sotto osservazione e nuove date per la manifestazione. Mobilitazioni studentesche in programma

Iniziano già al mattino i controlli nei punti di accesso all’autostrada e nelle stazioni, creando un sistema di sicurezza con misure sempre più rigide attorno alla zona di Ostiense. I social media sono sotto attenta osservazione da parte delle forze investigative. Roma è in stato d’allerta per il sabato 5 ottobre, giorno in cui, nonostante il divieto emesso dalle autorità, alcuni gruppi potrebbero radunarsi a piazzale Ostiense per il corteo Pro Palestina, che si svolge a due giorni dall’anniversario dell’attacco di Hamas in Israele avvenuto il 7 ottobre. L’attenzione sarà particolarmente alta per identificare potenziali violenti. Anche i social media, specialmente quelli legati agli ambienti anarchici e ai collettivi universitari, sono oggetto di scrutinio. Le misure di sicurezza per l’evento di sabato saranno definite domani durante un incontro tecnico in Questura, presieduto dal nuovo questore Roberto Massucci, il quale, durante la cerimonia di insediamento, ha sottolineato l’importanza del rispetto del divieto. Il questore ha indicato di essere in contatto con gli organizzatori dell’evento, cercando di “stabilire tempistiche diverse e garantire un contesto legale” per la manifestazione. Poco dopo, la Comunità palestinese di Roma e Lazio ha comunicato che non rispetterà il divieto, stabilendo una nuova data per la manifestazione. “Non scenderemo in piazza il 5 – ha dichiarato Yousef Salman, presidente della Comunità – dopo il rifiuto della Questura, abbiamo deciso di organizzare l’evento il 12 ottobre a Piramide, per chiedere il cessate il fuoco, la fine del genocidio e dei bombardamenti israeliani in Libano, e la libertà per la Palestina.”

L’Unione Democratica Arabo-Palestinese e i Giovani Palestinesi hanno espresso in modo chiaro il loro dissenso tramite i social, confermando l’incontro di sabato alle 14 presso la Piramide, nonostante il Tar abbia respinto il loro ricorso. Khaled El Qaisi, portavoce dell’Unione, ha denunciato il divieto come un’imposizione di carattere politico. Ha sottolineato che la Questura di Roma ha giustificato la decisione affermando che l’evento non si allinea con la narrazione ufficiale riguardo alla situazione in Palestina, e ha aggiunto che i riferimenti a motivi di ordine pubblico risultano vaghi e privi di fondamenti reali riguardo alla sicurezza. Inoltre, ha rimarcato che la Costituzione prevede specifiche ragioni per limitare una manifestazione.

Un primo segnale di mobilitazione si è svolto oggi a Genova con il sit-in intitolato “Giù le mani dal Libano. Fermiamo la criminale aggressione sionista!”. I Giovani Palestinesi di Genova hanno affermato che, dopo un anno di violenze in Palestina e mentre si osserva il conflitto in Libano, il governo italiano tende a considerare i movimenti di sostegno alla Palestina come una minaccia. Hanno inoltre sottolineato l’importanza di unirsi alla manifestazione del 5 ottobre, vista come un atto di disobbedienza civile in favore della popolazione palestinese, libanese e di tutte le forme di resistenza al colonialismo.

In aggiunta, i Giovani Palestinesi hanno programmato il ritorno dell’“intifada studentesca” per il 7 ottobre, presentando un video che rievoca le occupazioni e le proteste studentesche a sostegno di Gaza avvenute nella scorsa primavera.

Le manifestazioni hanno preso avvio il 5 maggio all’università di Bologna, seguite poi dalla Sapienza di Roma, dalla Federico II di Napoli e da numerosi altri istituti. Inoltre, per il 8 ottobre i gruppi organizzati hanno programmato un corteo per opporsi alla Cybertech Europe a Roma, un evento dedicato anche alla cybersicurezza, con la presenza tra gli altri dell’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani. Si profila un’ulteriore mobilitazione, capace di riaccendere le tensioni nei campus universitari.