Alessandro Roia, che ha debuttato come regista nel 2023 con “Con la grazia di un Dio” presentato a Venezia 80, riflette su un passato segnato dal successo interpretando il Dandi nella serie “Romanzo criminale”.
Ha collaborato con noti registi come i Manetti Bros. e Paolo Virzì. Attualmente, Roia dà la voce alla volpe Fink nell’animazione “Il robot selvaggio”, diretta da Chris Sanders e in uscita il 10 ottobre. Il film narra la storia di Roz, un robot che, dopo un naufragio, diventa genitore adottivo di un’ochetta orfana su un’isola deserta. Roz sostiene che “dobbiamo superare i limiti della nostra programmazione”. Quando ha avuto questa consapevolezza?
“Non devo andare troppo lontano.
Dopo una carriera da attore senza particolari ostacoli, ho passato anni a cercare la mia identità nel mondo del cinema, finché non ho deciso di passare alla regia. Quando ho pronunciato ‘Azione’, non mi sono mai sentito così a mio agio nella mia passione.”
Roz insegna all’ochetta a resistere alla conformità
È preoccupato per l’omologazione imposta dai social media? “In parte. Ogni epoca ha avuto le sue sfide, viste a volte come opportunità, altre come minacce.
Con i miei figli, parlo del concetto di gregge: non seguire la massa ma fare scelte autonome. Per quanto riguarda i social, ciò che conta è quanto spazio vuoi che occupino nella tua vita. I ragazzi di oggi hanno meno strumenti, ed è nostro compito sostenerli, anche se dispongono di risorse migliori rispetto a noi.”
Fink, per lui, narrare storie equivale a mentire
“Non esiste un regista nella storia del cinema che non sia, in un certo senso, un bugiardo osservatore.”
C’è un’interazione continua tra ciò che si osserva e ciò che si desidera esprimere.
L’idea si manifesta come una necessità e, se in essa emerge l’esigenza di una piccola menzogna, questo elemento contribuisce a delinearne i diversi aspetti. Sta meditando su un nuovo progetto di regia? «Sì, sono già all’opera. Stiamo elaborando un concept che sta prendendo forma. Ambisco a realizzare un film con la medesima intensità de “Il robot selvaggio”. La possibilità di creare un’opera che possa dialogare ampiamente con il pubblico mondiale mi entusiasma».
Per quanto riguarda il passaggio dall’accettazione alla genitorialità, cosa l’ha maggiormente impressionata del film? «Viviamo in un’epoca in cui si venera l’aggressività, ma questo approccio si sta rivelando inefficace. Oggi emerge l’idea della gentilezza come ultima risorsa, rappresentando una rivoluzione dolce che si traduce in gesti concreti. È un concetto affascinante, nonché una fonte di speranza».