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Risarcimento record per il Centro sociale Leoncavallo: la sentenza della Corte d'appello

Sentenza Corte d'appello sul risarcimento Leoncavallo

Tre milioni di euro di risarcimento per il mancato sgombero del Centro sociale Leoncavallo

Il caso del Centro sociale Leoncavallo

La recente sentenza della Corte d’appello di Milano ha messo in luce una questione di grande rilevanza legale e sociale. La Corte ha condannato il ministero dell’Interno a risarcire la società Orologio, di proprietà della famiglia Cabassi, con un importo di circa tre milioni di euro. Questo risarcimento è il risultato del mancato sgombero dello stabile di via Watteau, sede storica del Centro sociale Leoncavallo. La decisione di rilascio dell’immobile risale al 2003, ma è stata confermata dalla Cassazione solo nel 2010, senza che l’amministrazione pubblica fosse in grado di attuare il provvedimento.

Le ragioni della sentenza

I giudici della Seconda sezione civile hanno accolto le lamentele della proprietà, evidenziando una “condotta omissiva della Pubblica amministrazione”. Questa condotta si è manifestata attraverso la mancata concessione della forza pubblica necessaria per eseguire i provvedimenti giurisdizionali. La Corte ha sottolineato che le ragioni di tutela dell’ordine pubblico non possono giustificare la mancata esecuzione di un provvedimento giuridico. Infatti, la sentenza cita precedenti giurisprudenziali della Corte europea e della Cassazione, che stabiliscono chiaramente l’importanza di rispettare le decisioni della giustizia.

Implicazioni per la Pubblica amministrazione

Questa sentenza rappresenta un precedente significativo per il rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione. I giudici hanno affermato che, se si consentisse che la condotta illecita di terzi possa ostacolare l’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali, si creerebbe un pericoloso precedente. La Corte ha evidenziato che l’amministrazione, pur essendo consapevole dell’occupazione abusiva dello stabile, non ha agito per garantire l’esecuzione del provvedimento, limitandosi a giustificare la propria inattività con vaghe difficoltà di ordine pubblico. Questo comportamento è stato considerato inaccettabile e ha portato alla decisione di risarcire la parte lesa.