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Un evento catastrofico senza precedenti
Il , un terremoto di magnitudo 9,1 colpì il mare al largo di Sumatra, in Indonesia, generando uno tsunami devastante che si abbatté su diverse nazioni, tra cui la Thailandia. Le onde, alte fino a 30 metri, travolsero tutto ciò che incontrarono, lasciando dietro di sé un panorama di distruzione e morte. Le immagini di quel giorno rimarranno per sempre impresse nella memoria collettiva, simili a quelle di un olocausto moderno.
Il lavoro di identificazione delle vittime
Carlo Maria Oddo, medico legale dell’Arma dei Carabinieri, fu inviato a Phuket per identificare le vittime italiane. “Arrivammo in una città distrutta, impastata di fango e macerie”, racconta. La scena era surreale: cartelloni con le foto delle vittime erano l’unico segno di vita in un luogo altrimenti desolato. Il governo thailandese aveva avviato un processo di identificazione rapido, associando numeri ai cadaveri per evitare che diventassero irriconoscibili. “La nostra missione era dare un’identità a quei corpi”, spiega Oddo, evidenziando l’importanza di onorare la memoria delle vittime.
La sfida dell’identificazione tramite DNA
Con oltre 300.000 vittime stimate, il compito di identificare i corpi si rivelò arduo. La Farnesina segnalò più di 700 italiani dispersi, e il lavoro di riconoscimento si basò su campioni di DNA. I familiari furono invitati a portare oggetti personali per facilitare il processo. “Non era semplice, ma non c’era altra strada”, ricorda Oddo, sottolineando le difficoltà logistiche e il rischio di epidemie. Ogni oggetto ritrovato, come una fede nuziale o un tatuaggio, raccontava una storia di vita spezzata.
Un’esperienza che segna per sempre
La missione di Oddo durò molto più del previsto, trasformandosi in un’esperienza traumatica e formativa. “Ogni giorno era una lotta contro il tempo e il dolore”, afferma. La sua esperienza in odontoiatria forense si rivelò cruciale, e grazie alla collaborazione con esperti israeliani, riuscì a completare oltre 600 identificazioni. “L’autopsia è un momento sacro”, dice, paragonando l’atto di identificare i corpi a un velo che separa la vita dalla morte. L’orrore di quel giorno rimarrà impresso nella sua mente, ma ciò che resta è un amore profondo per la vita.