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Non c’è pace per il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, a cui nulla è servito l’animo da “crocerossino ad honorem” per soccorrere la sua importante Istituzione dalle varie ferite aperte che – a tutt’oggi – tengono lontano (e ben oltre la soglia della tolleranza) il rimpasto di giunta, annunciato e ancora atteso tra mille mugugni ed altrettanti “dietrofront”.
Rimpasto in giunta, il braccio di ferro Fi-FdI
E al di là del fatto che stia venendo a galla una pericolosa incapacità del Presidente a governare i vari processi aperti da scomposte defezioni, transumanze d’opportunismo, richieste a rialzo in un “mercato delle vacche” (e delle poltrone!) che pare ormai senza controllo, ciò che sconforta è l’aria di stallo che si respira alla Pisana in questi giorni: un’aria pesante, da “tutti contro tutti”, nella quale Rocca sembra stia soffocando incapace di un colpo di reni che lo riporterebbe di nuovo in auge.
Il problema, e sono in molti a sostenerlo, rimane sempre lo stesso: fedeltà e militanza non bastano, quelle che occorrono sono competenza e capacità gestionale: doti, che stanno mancando a Rocca, come a molti altri “fratelli d’Italia”, sparsi qua e là dentro ai palazzi a pendere dal “Giorgia-pensiero” in tutto e per tutto.
Così, le trattative tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, che durano ormai da mesi sono riusciti a sfiancare la fibra d’un uomo (proprio Rocca) che sembra all’angolo per non dire allo sbando, difronte al fatto che nessun partito della maggioranza appare disposto a fare un passo indietro rispetto alle proprie posizioni: da Forza Italia, che chiede maggiore spazio (dopo essere passata da 3 a 7 consiglieri) e più colori dentro una giunta che ha fatto di un’era un “fascio”, alla Lega, che con due consiglieri in meno (passati proprio a Forza Italia!) non intende mollare sui due assessori già in giunta.
(Troppi) Fratelli d’Italia, Lotito e Tajani sgomitano
“Il troppo stroppia sempre”, è quello che ripetono in molti in queste ore, come avere in carica il “trio” Francesco Rocca (presidente della Giunta), Antonello Aurigemma (presidente dell’Assemblea) e Roberta Angelilli (vicepresidente): tutti e tre per un solo partito – Fratelli d’Italia, manco a dirlo! – con gli altri a reggere il moccolo e fare da stampelle. Al punto che lo stesso presidente della Lazio, Claudio Lotito, negli ultimi giorni ha passato il suo Rubicone, reclamando – pena il dissenso e forse altro – la poltrona di Presidente dell’Assemblea per uno dei suoi, al secolo Pino Cangemi, ponendo alla Meloni in testa un “aut aut”: o Cangemi alla Presidenza dell’Assemblea o una bella e comoda poltrona di sottosegretario per il “deus ex machina” laziale, in qualunque posto basta che sia “governo”.
Stesso sembra abbia fatto il ministro Antonio Tajani, per chiedere la testa della Angelilli alla vicepresidenza in cambio del calumet della pace da fumarsi tutti insieme in ogni dove. Rimpastone di deleghe, allora, e tutti insieme appassionatamente ancora una volta? Al momento non è dato conoscere come sbroglierà la matassa Rocca, che tira dritto e ai suoi (ed alla stampa “accasata”) conferma: “La Angelilli non si tocca e la crisi non c’è”. Come a dire che alla Pisana “non c’è trippa per gatti”. Prendere o lasciare e cosi è (se vi pare). Parole pesanti come macigni sulle quali Rocca ha pure rilanciato: “Nessun rimpasto al momento, ma vediamo cosa accade nei prossimi giorni. Per quanto mi riguarda sto attendendo alcune risposte”.
Giancarlo Righini, l’assessore nel mirino di Coldiretti
Ma in Consiglio regionale le cose procedono non senza incagli, con l’opposizione a fare il suo e ad incalzare il centrodestra su uno stato di crisi che appare troppo evidente per essere sottaciuto o “sbrigato” con poche frasi di circostanza. Anche perché non c’è fronte che tenga, con l’ultima tegola piovuta sulla testa di uno degli assessori più vicini al Presidente Rocca, Giancarlo Righini, “lollobrigidiano” (ma vale ancora la pena esserlo?) e plenipotenziario su Bilancio e Agricoltura. Contro di lui ha tuonato pesantemente qualche giorno fa il capo di Coldiretti Lazio, David Granieri, che senza andarci troppo per il sottile, ha promesso per il 19 novembre (martedì) di portare sotto la sede della Regione 7 mila operatori del settore: un piccolo esercito di insoddisfatti e male ostinati, che chiederà conto a Righini di numerose domande rimaste inevase.
“Dai cinghiali che devastano i campi, ai lupi che mettono in ginocchio gli allevamenti ovini, alla peste suina che avanza senza adeguate contromisure, fino al crollo del prezzo nella filiera bufalina”. Tutti argomenti sui quali, parrebbe che più volte l’Assessore Righini sia stato sensibilizzato senza che il medesimo sia stato capace di cavare un solo ragno dal buco. Anche per lui fedeltà e militanza e scarsa competenza ed incapacità di gestione, come per gran parte dei “meloniani al potere”?
Forse che sì, forse che no, ma a Granieri e Coldiretti Lazio non è mancato il coraggio – pur consapevoli dello “scendilettismo di facciata” del board nazionale col governo – di passare dall’altra parte e mettere all’indice una figura, come quella di Righini, che su alcuni temi appare oggettivamente e colpevolmente in ritardo. A lui le belle cose, allora, sperando che le domande trovino le risposte e che il Lazio non sia ridotto ad una indecorosa terra di bestie alla conquista ciascuno del suo, senza che dalla Pisana un solo dito si alzi a fare il proprio dovere e niente di più.