Sarà forse a causa di questa proporzione che la Paramount non ci ha messo molto a concedere il bis ed ecco servito il sequel.
C’era veramente bisogno di un seguito? A dirla tutta forse no. Il primo episodio si era concluso in un (triplice) finale che poche speranze lasciava a intrecci futuri. I protagonisti erano due: il maritino, finito morto nel peggiore dei modi, e la mogliettina spiritata, posseduta dal demone stesso.
Ma visto che Hollywood deve fatturare, e la pellicola in tal proposito di soddisfazioni (e milioni) ne aveva regalato in abbondanza ai produttori, gli sceneggiatori hanno messo in piedi una storia sicuramente plausibile.
Il sequel è in realtà un prequel, nel senso che narra tutto quello accaduto precedentemente la morte di Micah (il maritino di cui sopra). Questa volta la casa in questione, è una villetta con tanto di piscina e famigliola allargata.
Capofamiglia medio borghese, compagna di quest’ultimo, figlia teenager e – occhio a quest’ultimo – un piccolo bebè di nome Hunter. Scopriamo durante il film, tramite apparizioni che richiedono più del dovuto alla nostra memoria, che la donna demone del primo Paranormal altri non è che la sorella della protagonista attuale (la compagna del borghese per intenderci). Espletate le spiegazioni su legami familiari stile Beautiful arriviamo alla pellicola. Anche in questo caso, stesso copione.
Telecamere puntate sulla casa ed immagini di vita diurna ma soprattutto notturna. Buona parte del film scorre sonnolenta nell’attesa di qualcosa che in realtà non c’è. Fatta eccezione per una padella caduta e un carillon “autonomo” tutto tace, è il caso di dirlo, e nella casa tutti ronfano alla meglio. Ma sono proprio l’attesa e la spasmodica ricerca del terrore le chiavi del successo del film. Come novelli Ghostbuster gli spettatori scrutano, osservano e indagano.
Guardano nei riflessi degli specchi, agli angoli degli schermi e stanno con l’orecchio teso in cerca del minimo sussurro. Il tutto in un inquietante silenzio che implicitamente conduce a un climax ascendente di snervante tensione.
Quando arrivi al secondo tempo o sei annoiato o coi nervi a pezzi ma è proprio in questo momento del film che inizia il “bello” se così si può dire. Sportelli che scoppiano, persone trascinate per intere rampe di scale, animali misteriosamente ammazzati.
Il silenzio diventa rumore e gli occhi smettono di indagare lo schermo per cercare di comprendere i frettolosi movimenti nell’oscurità di una cantina sovrastata dalle urla. Attenzione, siamo ben distanti dal thriller d’azione ma, rispetto al primo capitolo in cui era presente un’unica scena, qui l’azione è spalmata per lo meno in un (intenso) quarto d’ora.
È anche vero che scompare la variabile “mistero” che la faceva da padrone nella pellicola precedente.
È inutile cospargere le scale di talco per capire qualcosa di più dell’entità metafisica semplicemente perché non c’è più nulla da spiegare. Di spiriti/demoni si parla, questo è assodato, e così Paranormal Activity 2 si tinge di esoterico (con tanto di patti col diavolo in un passato che fu) e strizza l’occhio a “L’esorcista” grazie all’utilizzo di crocifissi e di matrone spagnole tutte riti e incensi.