Roma, 7 nov. -(Adnkronos) – Come stanno affrontando la sfida della tutela della biodiversità le aziende italiane? Quali sono i problemi e le soluzioni disponibili? Risposte a questi cruciali interrogativi sono contenute nel rapporto "Biodiversity and the Private Sector in Italy: Trends, Policies, and Financial Instruments” presentato da Etifor, società di consulenza ambientale nata come spin off dell’Università di Padova, a Cali, in Colombia, dove si è da poco conclusa la Conferenza delle Parti sulla Biodiversità (COP16) guidata dalle Nazioni Unite. Il report, realizzato in collaborazione con l'Università di Padova e con il supporto di Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, ASviS, B Lab Italy, Koinètica e Forum per la Finanza Sostenibile, analizza scenari, pratiche e strumenti a disposizione delle imprese per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di arrestare e invertire la perdita di biodiversità.
I dati raccolti – si sottolinea in una nota – "offrono un quadro chiaro dello scenario attuale, evidenziando i rischi e le opportunità da affrontare in un panorama normativo e di mercato in rapida evoluzione. Il 25% delle aziende italiane valuta regolarmente il proprio impatto sulla biodiversità, mentre il 48% prevede di integrare strategie più avanzate che la includano entro i prossimi cinque anni. Direttive europee come la CSRD, da poco recepita nell’ordinamento italiano, obbligheranno circa 4.000 imprese ad adattare le proprie strategie per misurare, monitorare e rendicontare questi aspetti, con un effetto a cascata su tutte le PMI. Attualmente, il 33% delle aziende già rendiconta sulla biodiversità anche se solo il 19% segue gli Standard Europei (ESRS)".
Come ha sottolineato Alessandro Leonardi, AD di Etifor “L’evidente aumento di consapevolezza in Italia e nel mondo è incoraggiante, tuttavia è necessaria un'azione più rapida e diffusa per integrare la biodiversità nelle strategie aziendali e raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Le aziende che agiscono ora saranno meglio posizionate per adattarsi alle nuove normative e sfruttare le opportunità di mercato emergenti” . "La partecipazione dell'Unione come networking partner alla realizzazione di questo interessante rapporto riflette il nostro impegno e quello dei nostri Associati a promuovere un modello di produzione e approvvigionamento dell'olio di palma che sia rispettoso dell’ambiente, della biodiversità e delle comunità – osserva Mauro Fontana, Presidente dell'Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile – Le questioni ambientali e sociali legate alla filiera dell'olio di palma sono complesse. Serve un impegno congiunto e una stretta collaborazione tra tutte le parti coinvolte nella catena del valore per trovare soluzioni efficaci."
Nella filiera dell’olio di palma è già da tempo in atto un cambio di rotta verso una produzione sostenibile e “climate-smart”. La protezione della biodiversità richiede un'ampia gamma di approcci, dalla tutela delle aree ad alto valore di conservazione (HCV) e alto valore di carbonio (HCS), alla gestione e al ripristino degli habitat, al monitoraggio delle specie e al coinvolgimento delle comunità locali e della supply chain.
Requisiti a tutela della biodiversità e degli ecosistemi sono già previsti dallo standard di sostenibilità della Roundtable on Sustainable Palm Oil. I principi e i criteri RSPO (P&C), in base ai quali i produttori vengono sottoposti a verifica, comprendono diversi elementi rilevanti, incluso il divieto di deforestazione e incendi, la protezione e ripristino delle aree HCV e HCS, la riduzione dell'uso di pesticidi chimici e pratiche agronomiche sostenibili. I membri RSPO non coltivatori, sono soggetti ai requisiti di responsabilità condivisa e sono chiamati a sviluppare politiche sulla biodiversità che si applichino a tutti i loro fornitori valutandone l’aderenza e ad aiutare gli smallholder ad implementare le migliori pratiche.
Nuovi modelli di piantagioni sostenibili basati su agroforestazione e agricoltura rigenerativa stanno emergendo come risposta alle sfide ambientali e sono diversi i progetti di sviluppo di soluzioni basate sulla natura (NbS) portati avanti in partenariato da aziende del settore con il supporto della comunità scientifica e di organizzazioni non governative.
"Come sottolinea il rapporto di Etifor – conclude Fontana – includere la biodiversità nelle strategie aziendali non è piu solo una questione di etica o adeguamento normativo, ma rappresenta una leva fondamentale per garantire la resilienza delle imprese e delle loro catene di approvvigionamento. Tuttavia, soprattutto in settori come il nostro, per investire risorse in certificazioni di filiera e soluzioni in grado di guidare la transizione globale verso un modello di sviluppo nature-positive è fondamentale la cooperazione tra pubblico e privato ed il supporto di adeguate risorse e strumenti finanziari. Preoccupa quindi dover constatare che, nonostante i risultati positivi conseguiti su alcuni importanti temi, la COP16 si sia conclusa con uno stallo sugli aspetti finanziari”.