Era notte fonda quando i cieli dello Yemen si sono illuminati. Bombe, esplosioni, fuoco. Un attacco massiccio, a guida statunitense, ha colpito con degli raid diverse zone sotto il controllo degli Houthi. Almeno 31 morti, 101 feriti. Questo il bilancio aggiornato diffuso dal ministero della Salute dei ribelli. E potrebbe non essere definitivo.
Raid Usa sugli Houthi: Trump segue l’attacco in diretta
I raid hanno preso di mira la capitale Sanaa, ma anche Saada e Al-Bayda, fino alla città di Radaa. Il portavoce del ministero, Anis Al-Asbahi, ha confermato l’elenco dei bersagli su X. Un’operazione che non arriva dal nulla: da novembre 2023, gli Houthi hanno sferrato più di cento attacchi contro navi ritenute vicine a Israele, ma anche agli Stati Uniti e al Regno Unito. Obiettivo dichiarato? Solidarietà con i palestinesi nella guerra di Israele contro Hamas a Gaza. Le risposte non si sono fatte attendere. In passato, Washington, Londra e Tel Aviv hanno colpito più volte le zone controllate dagli Houthi. Oggi, si replica.
Un funzionario americano assicura: stavolta sono stati solo gli Stati Uniti. Nessun coinvolgimento britannico. Il raid, il primo della nuova amministrazione Trump contro i ribelli yemeniti, porta la firma della Casa Bianca. Su X compaiono le foto: lui, t-shirt bianca, cappellino rosso ‘Make America Great Again’. Mani sulla cintura, cuffie alle orecchie. Davanti a uno schermo, segue l’attacco da remoto. Un’altra immagine lo ritrae di spalle. Intanto, un caccia Usa decolla da una portaerei. Il messaggio è chiaro.
Raid Usa sugli Houthi: Trump sfida Mosca e Teheran alza la voce?
Nel frattempo, il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, parla con il suo omologo russo, Sergei Lavrov. “Gli attacchi degli Houthi alle navi statunitensi non saranno tollerati”, avverte. La CNN riporta le parole del Dipartimento di Stato. La Russia, che mesi fa sembrava pronta a fornire armi agli Houthi, ha poi fatto marcia indietro sotto la pressione di Stati Uniti e Arabia Saudita. Lavrov, però, non molla la linea: “Serve il dialogo politico. Basta con l’uso della forza”.
Dall’Iran, reazioni immediate. “Gli Usa non possono dettare la nostra politica estera”, scrive il ministro Abbas Araghchi su X, rispondendo a un post infuocato di Trump su Truth. Il portavoce del ministero, Esmail Baghaei, rincara la dose: “Aggressione militare, violazione della Carta Onu. Ancora una volta, sostengono il genocidio del popolo palestinese”.
Le Guardie Rivoluzionarie iraniane avvertono. Il comandante Hossein Salami non usa giri di parole: “Risponderemo a ogni attacco. L’idea che l’Iran possa piegarsi è sbagliata”.
Lo Yemen brucia. La tensione sale. E la guerra continua.