Quante donne lavorano nel turismo? Tante, ma gli uomini guadagnano di più

Le donne rappresentano oltre il 60% della forza lavoro ma solo il 7% ricopre ruoli da CEO. E persistono disuguaglianze salariali e scarsa rappresentanza ai vertici

Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, le donne costituiscono il 61% della forza lavoro nell’ospitalità e il 64% tra agenzie di viaggio e tour operator.

Nonostante questa predominanza, il divario salariale è evidente: le lavoratrici guadagnano in media il 14,7% in meno rispetto agli uomini, anche svolgendo ruoli equivalenti.

Turismo e leadership femminile: una realtà ancora marginale

I numeri relativi alla presenza delle donne ai vertici del turismo restano bassi. Il report 2023 del World Travel & Tourism Council evidenzia che solo il 7% dei CEO nel settore sono donne. La situazione migliora poco tra i ruoli di top management (22%) e senior management (33%), segnalando una crescita insufficiente anche a livello globale.

Dal 2019 si registra solo un +4% di crescita nella presenza femminile tra i CEO del turismo e un modesto +2% nei ruoli manageriali del settore alberghiero. Ancora più preoccupante è lo 0% di variazione nella rappresentanza femminile tra i CEO dello stesso ambito.

La scarsa visibilità mediatica delle donne nel turismo

Il gap non si limita alla leadership o agli stipendi, ma si estende anche alla comunicazione. Secondo Women Leading Tourism, appena il 15% delle menzioni mediatiche riguarda donne manager nel turismo, evidenziando una mancanza di riconoscimento e visibilità per le professioniste del settore.

#InvestInWomen: la campagna per colmare il gender gap

Gli esperti sottolineano che per ridurre le disuguaglianze è necessaria una maggiore trasparenza retributiva e politiche mirate per la conciliazione vita-lavoro. È fondamentale inoltre combattere gli stereotipi di genere, favorendo percorsi di carriera equi per le donne.

L’Organizzazione Mondiale del Turismo promuove la campagna #InvestInWomen, che mira a incentivare governi e aziende a investire sull’uguaglianza di genere. Colmare i divari potrebbe incrementare il PIL pro capite del 20% e creare 300 milioni di posti di lavoro entro il 2035, dimostrando che l’inclusione femminile è un vantaggio per l’economia globale.