Argomenti trattati
Alexei Navalny è l’ultimo nome che si aggiunge alla lista di oppositori che Vladimir Putin è riuscito, in un modo o nell’altro, a mettere a tacere. Ma non è la prima volta che il presidente della Russia sfrutta il suo potere per schiacciare qualsiasi voce di dissenso. Per non parlare dei probabili brogli elettorali messi in campo per non abbandonare il suo ruolo e che hanno portato alle proteste nel 2011 a cui proprio Navalny ha partecipato.
Le proteste del 2011
Una Russia senza Putin, questo chiedevano i manifestanti delle proteste che ebbero luogo in Russia nel 2011. Iniziative a cui anche Alexei Navalny prese parte e che erano nate a causa dei brogli denunciati durante le recenti elezioni, avvenute solo pochi giorni prima. Ma non era l’unico, per la prima volta in piazza erano riuniti quasi tutti, liberali, la sinistra, gli intellettuali e gli oligarchi ribelli.
Le proteste furono talmente accese che Putin cercò in qualche modo di gettare acqua sul fuoco facendo qualche promessa che, però, non riuscì a convincere i manifestanti. Nemmeno la successiva entrata in campo delle forze dell’ordine, che caricavano senza farsi troppi problemi le persone in piazza, sembravano in grado di spezzare l’animo degli oppositori.
Ma il presidente della Russia non era di certo intenzionato a demordere.
Inizia la vendetta
Ancora non è certo se Putin abbia effettivamente dichiarato la seguente frase a lui attribuita: “Hanno rovinato la mia rielezione, io rovinerò le loro vite“. In ogni caso, che abbia pronunciato o no tali parole, poco cambia, perché le ha sicuramente messe in azione con il passare del tempo.
Pochi anni dopo le proteste, nel 2015, il primo a cadere è stato Boris Nemtsov, ex vicepremier e uno dei principali organizzatori delle manifestazioni. È stato ucciso sul ponte che porta al Cremlino, un luogo di solito sempre super sorvegliato ma caso ha voluto che la notte del delitto le telecamere non funzionassero.
Non ha avuto pietà nemmeno del suo allievo Vladimir Kara-Murza che, dopo essere sopravvissuto a ben due avvelenamenti, è stato infine incarcerato nel 2023 e dovrà scontare 25 anni di prigionia. Al momento non si hanno sue notizie da circa due settimane. Kara-Murza aveva inizialmente accettato l’offerta del Cremlino di andare all’estero per esprimere il suo dissenso, ma poi è tornato in patria.
Tutti quelli che non sono partiti sono in prigione, a fare parte di questa lista troviamo anche Ilya Yashin, che era al tempo il leader dei giovani di Yabloko e successivamente fondatore del movimento Solidarnost insieme a Nemtsov e Kasparov. Lui è stato condannato per otto anni.
Destino simile anche per Sergei Udaltsov, nazionalista di sinistra che è stato il volto delle proteste del 2011. Dopo aver scontato una pena per i disordini del 2012, si era dichiarato favorevole alla guerra in Ucraina, ma ciò non gli ha evitato un nuovo arresto dopo essersi pronunciato a sostegno di un gruppo marxista della Bashkiria.
Esilio per evitare la prigione
L’unico modo per evitare il carcere è l’esilio, questa è la scelta che molti hanno fatto e tra questi troviamo anche lo scacchista Garry Kasparov. Ma sono molti intellettuali ad aver preferito questo piano B, tra cui lo scrittore Boris Akunin ed il poeta Dmitrij Bykov.