Roma, 16 gen. (Adnkronos) – "C'è stata una forte contrazione del ruolo delle assemblee, quindi anche una svalutazione di quello delle opposizioni. Le quali però, nelle democrazie, sono importanti quanto chi governa, anzi per alcuni aspetti forse di più, perché la cifra democratica è data dall’agibilità che hanno le opposizioni. Io ho perso per pochissimi voti e non considero la partita del tutto chiusa. Ho sempre detto che il mio impegno era a favore del superamento di un sistema di potere che in Liguria, comunque, anche se di misura, è ancora in sella; e quindi penso che un contributo importante lo si possa, anzi lo si debba dare in quest'ottica. Penso che una forte delegittimazione dei partiti e delle istituzioni possa essere affrontata anche ripartendo da una dimensione territoriale. Io non considero quella che devo affrontare ora come una battaglia diversa da quella che avrei potuto continuare a livello parlamentare: la considero la stessa battaglia, ma da affrontare da un altro punto di vista". Lo dice l'esponente Pd ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in una intervista al Secolo XIX.
"Ho deciso di rimanere in Liguria anche per un'ultima considerazione, diciamo così, umana. Dopo la campagna elettorale tantissime persone mi hanno chiesto di rimanere qui. Io non sono mai stato una persona caratterizzata da una forte dimensione sentimentale – aggiunge Orlando – anzi sono sempre apparso come uno molto freddo e molto misurato. Ma mi sono commosso quando tanta gente mi ha chiesto di continuare a battermi per quello che avevo promesso in campagna elettorale. Tornare a Roma mi sembrava in qualche modo un tradimento”.
"In anni di gelo partecipativo, è stata una campagna elettorale diversa. Abbiamo riempito sale e piazze che non avevamo mai riempito. E insomma quella risposta mi ha fatto capire che c'erano elementi che andavano corroborati, rafforzati. Ecco, questo è stato un po’ il mio piccolo elemento di riflessione – spiega l'esponente dem – non precisamente razionale accanto ad altre valutazioni che sono tutte, invece, totalmente razionali. Rompere quel clima che si era venuto a determinare mi sembrava un peccato anche esistenziale, non solo politico. A Roma la dimensione locale è considerata in qualche modo minore. E poi la Liguria non è una grande regione rispetto alle dinamiche politiche generali. E poi, insomma, ora non voglio essere particolarmente presuntuoso, ma ero un parlamentare con qualche peso, anche per gli incarichi che avevo avuto, anche per un po’ di prestigio che mi sono conquistato. Ho fatto quattro volte il ministro, diciamo che non ero considerato un peone. I primi giorni alcuni fra i miei colleghi più cari mi hanno invitato a pranzo per farmi una specie di brainwashing. Mi dicevano che stavo commettendo un errore".