Pino D’Angiò, poliedrico e talentuoso artista, era conosciuto per la sua ironia, l’ingegno e la visionarietà e per essere un intraprendente sperimentatore. Ora, il 13 settembre, viene rilasciato postumo “Funky Maestro”, un EP che raccoglie i suoi quattro ultimi brani inediti e incarnano efficacemente il suo spirito. Il figlio di D’Angiò, Francesco Chierchia, ne parla con rimembranza e tenerezza, lodando la versatilità del padre.
Nato come Giuseppe Chierchia, Pino era un musicista straordinario, compositore, scrittore di poesie e racconti. Ha anche mostrato le sue capacità recitando nel primo film di Giuseppe Tornatore, “Il Camorrista”, doppiando film di Woody Allen, e lavorando come autore e presentatore televisivo. Tra i suoi numerosi riconoscimenti, D’Angiò ha ricevuto nel 2001 il Rhythm & Soul Music Awards negli Stati Uniti.
Chiedendo a Francesco come si sentisse riguardo alla pubblicazione di “Funky Maestro”, risponde con gratitudine. Era un EP necessario, un modo per ringraziare Pino, il padre e l’artista. Questo è un tributo personale che però si estende a una valutazione più ampia. Include le ultime opere alle quali Pino ha lavorato nonostante la sua malattia, che avrebbe dovuto rilasciare a giugno se la sua salute glielo avesse permesso. Era un periodo vivace della sua carriera, pieno di impegni e notorietà ritrovata non solo tra i suoi affezionati fan, ma anche tra le nuove generazioni. Questo ha aggiunto un ulteriore elemento alla sua già ricca carriera piena di esperienze e sperimentazioni. Infatti, ha accettato di partecipare all’ultimo Festival di Sanremo di Amadeus, ospite dei BNKR44 con la cover che lo ha reso famoso nel 1980.
“Era soddisfatto di aver partecipato, e apprezzava lavorare con questi ragazzi peculiari, affascinanti e intriganti. La versione moderna di “Ma quale idea”, eseguita all’Ariston, è stata un grande successo, ma il vero valore, per lui, stava nella collaborazione. Mio padre era un individuo indipendente, distante dai riflettori. Il fatto che la sua popolarità dopo l’ultimo Sanremo sia stata gestita con discrezione, ne è una prova. Per lui, il suo lavoro era come un gioco, non aveva l’ambizione di rimanere costantemente al centro dell’attenzione, era una persona che sapeva ascoltare ma che poi seguiva le sue intuizioni. Il Sanremo 2024 con i BNKR44 (a seguito della sua partecipazione nel ’84 fingendo un malore), è un ricordo piacevole in una carriera piena di eventi notevoli. Si era divertito? Assolutamente, era felice. È stata una gratificazione personale, più per l’uomo che per l’artista che era. Tre mesi prima aveva subito l’asportazione di un polmone, seguita da tutte le conseguenze. Aveva apprezzato anche l’affetto dimostrato dall’orchestra dell’Ariston. Più che giustificato, il duro lavoro dei giovani su una canzone così delicata. Come gestiva il successo? Preferiva riposarsi sullo sfondo, evitando di essere il protagonista. Sicuramente ciò potrebbe aver influito sull’ampiezza della sua notorietà, ma non lo turbava. Il suo successo era principalmente internazionale poiché, stranamente, in Italia era meno apprezzato. Quando “Ma quale idea” è diventata un successo mondiale, non era preparato. Da un giorno all’altro, si ritrovò a fare concerti in Venezuela, Spagna e in tutto il mondo con la sua canzone tradotta in molte lingue.
Indubbiamente, lui aveva un viaggio internazionale, avendo trascorso la sua infanzia negli Stati Uniti, e rimanendo affascinato dall’aura di James Brown e dalla musica internazionale. Ma quanto era consapevole del suo valore? Non ne sono sicuro. Penso che avesse sempre un alto rispetto per sé stesso, ma senza imporlo sugli altri. Era una persona estremamente umile, capace di ascoltare prima di prendere la decisione che credeva fosse la migliore. Certamente, in questa professione, i compromessi sono necessari, eppure, ne ha accettati molto pochi.
Vi erano rimpianti nella sua vita? Sicuramente ce n’erano, ma non si lasciava appesantire da essi. Narrava con un sorriso come Cecchetto l’aveva contattato durante l’ascesa di Radio Deejay. Era un periodo in cui mio padre lavorava per Radio Rai e non riuscì a cogliere l’opportunità che avrebbe potuto rivoluzionare il panorama musicale, come fece in seguito con Jovanotti, tra gli altri.
Raccontava con la stessa allegria di quando invitò Marvin Gaye a casa sua per un piatto di pasta, pensando che fosse un semplice collaboratore. Quando scoprì la sua vera identità, fu scioccato. Per lui, avrebbe potuto essere un’opportunità.
Per definirlo con una parola: un “maestro”, come suggerisce anche il titolo dell’EP. È stata una scelta sua? Era uno dei titoli che ci piaceva. Ora, rappresenta la completa definizione che dobbiamo dargli, in considerazione della persona e del messaggio musicale che ha lasciato.
“Paperina Qua Qua” è stato rilasciato alla fine di maggio, accompagnato da tre canzoni inedite, “C’è un’app”, “Volando nell’anima” (l’unico pezzo che non ha subito una lavorazione recente, rimanendo allo stato grezzo, quasi come una demo) e “Non diventare come loro”, un brano contro la monotonia dell’attuale era, non in riferimento alla politica, ma al tedio generazionale di falsi idoli e canzoni popolari orecchiabili. Cosa ci riserva il futuro? “Molto. Ci sarà un altro lancio nei prossimi mesi di canzoni non inedite, ma presentate in versioni mai udite prima, e sarà una sorpresa. Ci sono anche le sue composizioni in forma di storie e scritture. Il prossimo anno si celebreranno i 45 anni da “Ma quale idea”. Per me, l’obiettivo di queste pubblicazioni è la memoria, non il successo, e la memoria non invecchia. Quindi, ci sarà ampio tempo per riflettere.”