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Il permesso premio e la sua concessione
Recentemente, il Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila ha concesso un permesso premio di sei ore a Domenico Pace, un ergastolano di 58 anni, noto per essere stato parte del commando della Stidda responsabile dell’omicidio del giudice Rosario Livatino. La decisione è stata motivata dal comportamento positivo di Pace all’interno del carcere, dove non sono emersi segnali di un possibile ripristino di contatti con il contesto malavitoso. Questo caso ha riacceso il dibattito sulla concessione di permessi premio a detenuti con un passato criminale significativo.
Il percorso di riabilitazione di Domenico Pace
Domenico Pace, arrestato a soli 23 anni, ha trascorso oltre 35 anni in carcere. Durante questo lungo periodo, ha intrapreso un percorso di avvicinamento alla religione cattolica, esprimendo il desiderio di chiedere perdono per le sue azioni. Tuttavia, è importante sottolineare che Pace non è un collaboratore di giustizia, il che rende la sua situazione ancora più complessa. La sua richiesta di permesso premio è stata accolta nonostante il rigetto del ricorso presentato dalla Procura, il che solleva interrogativi sulla valutazione del rischio di recidiva e sulla reale efficacia dei programmi di riabilitazione.
La concessione di permessi premio a detenuti con un passato criminale di tale gravità pone interrogativi non solo sul sistema penale italiano, ma anche sulla percezione della giustizia da parte della società. Molti cittadini si chiedono se sia giusto concedere tali privilegi a chi ha commesso reati così gravi, specialmente in un contesto in cui la criminalità organizzata continua a rappresentare una minaccia. La decisione del Tribunale di Sorveglianza potrebbe essere vista come un segnale di apertura verso la riabilitazione, ma anche come un potenziale rischio per la sicurezza pubblica.