Pellicer (Ivi): “Sono cambiate le priorità per le coppie, serve il welfare per sostenere la natalità”

(Adnkronos) - “Sono cambiate le priorità. In generale si è creato un contesto meno favorevole alla natalità. In Italia, come in Spagna, le coppie tendono a posticipare la genitorialità a causa di molteplici fattori socioeconomici. La donna ha fatto passi avanti in t...

(Adnkronos) – “Sono cambiate le priorità.

In generale si è creato un contesto meno favorevole alla natalità. In Italia, come in Spagna, le coppie tendono a posticipare la genitorialità a causa di molteplici fattori socioeconomici. La donna ha fatto passi avanti in termini di empowerment, assumendosi responsabilità in ambito professionale che prima erano prerogativa maschile. La maternità non è più vista come una tappa obbligatoria, ma come una scelta consapevole. Ma questo, per la mancanza di un sostegno concreto da parte delle istituzioni, rende più difficile, per chi desidera avere figli, farlo in un’età biologicamente ottimale”.

Così Antonio Pellicer, presidente e fondatore del Gruppo IVI e uno dei massimi esperti in Pma d’Europa, analizza con l’Adnkronos i fattori che incidono sull’attuale trend demografico.

Sono i numeri della procreazione medicalmente assistita a mostrare quanto sia cambiato il contesto. Dal 2010 a oggi, l’età media al parto delle donne italiane è salita da 31 a oltre 33 anni. In vent’anni è quasi raddoppiata la richiesta di trattamenti per la procreazione medicalmente assistita (pma) che ha fatto nascere più di 200mila bambini nel nostro Paese.

Ma il Registro nazionale della pma mostra anche un dato preoccupante. L’età media delle donne che si sottopongono a cicli di pma è aumentata considerevolmente, passando dai 34 anni nel 2005 ai 37 anni nel 2022. Questo cambiamento si riflette anche nella crescente percentuale di donne sopra i 40 anni che accedono a tali trattamenti, che è passato, in due decenni, dal 20,7% al 34% nel 2022. Questo spostamento verso un’età più avanzata non è solo un dato statistico, ma lo specchio di un mutamento sociale più ampio.

“È avvenuto un cambiamento significativo nel modo in cui le nuove generazioni percepiscono la genitorialità – sottolinea il professor Pellicer – in passato, avere figli era spesso visto come un obbligo sociale, una tappa inevitabile della vita adulta. Oggi, invece, le giovani generazioni non sentono più questo peso e non desiderano essere forzate a fare questa scelta. La genitorialità è diventata una decisione consapevole e ponderata, che si colloca in un contesto di valori e condizioni di vita molto diverse rispetto al passato.

Per favorire la genitorialità – suggerisce Pellicer – la società dovrebbe creare un contesto favorevole in cui la scelta di avere figli possa essere libera e supportata da politiche che garantiscano benessere e sicurezza per le famiglie. Le coppie che desiderano avere dei figli, nonostante tutto, sono tante, ma questa scelta è strettamente legata alla volontà di poter garantire ai propri figli un ambiente in cui possano crescere in condizioni di benessere. In questo contesto, il percorso di carriera e la realizzazione personale giocano un ruolo fondamentale.

“Infatti, al crescere dell’importanza della carriera e del valore della realizzazione personale non è corrisposto un adeguato sviluppo del welfare, di strumenti di supporto e di aiuto. Al termine degli studi universitari – spiega – le donne sono nel picco della fertilità, ma entrambi i partner sono all’inizio del percorso per raggiungere l’indipendenza e la stabilità economica, comprare casa è più difficile, e così passano gli anni. Il risultato è che le coppie spesso scelgono di avere figli in un momento che per loro sembra ideale, ma che biologicamente potrebbe risultare tardivo”.

Nella nostra società il desiderio di un figlio si affaccia a più di trent’anni, ma “c’è un orologio biologico che nessuno può fermare – sottolinea Pellicer – In questo contesto, la medicina della riproduzione, pur non essendo sempre la soluzione, potrebbe aiutare a invertire la rotta. Le coppie, però, dovrebbero essere aiutate maggiormente nel loro percorso di cura dell’infertilità con migliore informazione”.

È importante, ad esempio sapere che “dopo i 36-37 anni, la qualità degli ovuli tende a peggiorare, rendendo più difficile il concepimento.

La pma offre una soluzione quando l’età, o altri fattori biologici, riducono le possibilità di concepire naturalmente, ma la chiave è la consapevolezza. Congelare gli ovuli sani quando si hanno trent’anni permette di preservare la fertilità per il futuro. Mentre infatti la qualità degli ovuli diminuisce con l’età, la capacità dell’utero di portare avanti una gravidanza si mantiene fino ai 45-48 anni. Con la pma, inoltre, è possibile selezionare gli ovuli migliori e gli embrioni sani, per aumentare le possibilità di successo, e ridurre i tempi per ottenere una gravidanza.

Fino ai 38 anni, con le tecniche di fecondazione si ottengono il 50% di embrioni sani, a 42 anni, solo il 30% si può impiantare, il 70% infatti non sono sani, ma a 44 anni la percentuale di embrioni utili si riduce al 10%. Questo è l’orologio biologico”.

Nel caso in cui la qualità degli ovuli di una aspirante madre non fossero di buona qualità o fossero falliti ti i tentativi precedenti, è possibile ricorrere alla pma eterologa che prevede l’impiego di ovuli donati da una donna esterna alla coppia.

“In questo caso – evidenzia Pellicer – la percentuale di successo diventa superiore al 90% se si utilizzano almeno 3 embrioni, offrendo a molte coppie la possibilità di realizzare il sogno di avere un figlio”. Un’altra cosa che può fare la pma è accorciare i tempi per il concepimento. “Ogni mese, la probabilità di una coppia, all’apice della fertilità, quindi tra i 23 e 25 anni, di avere un figlio naturalmente, è intorno al 22%, ma intensificandosi rapporti, aumenta la probabilità di avere una gravidanza.

Nel caso della Pma, la gravidanza inizia proprio nel momento in cui l’embrione è posto in utero con una probabilità del 65%. Per arrivare al 90% sono necessari 3 embrioni: se infatti il primo tentativo non va a buon fine, si può provare il mese successivo e, nell’altro. Arriviamo addirittura al 98% con 5 embrioni”.

Attenzione, però. “Dobbiamo essere onesti – avverte Pellicer – Nonostante i progressi della medicina riproduttiva, è sempre meglio cercare di avere figli prima dei 37 anni, quando la fertilità è ancora alta.

La Pma non può sostituire l’importanza di incentivare la ricerca di un figlio in età più giovane. Anche nei Paesi più avanzati nel campo della Pma, come Danimarca e Spagna – precisa il professore – solo il 10-11% dei bambini nasce grazie a queste tecniche. In Italia siamo introno al 4%. In ogni caso, il 90% e oltre dei nuovi nati arrivano da gravidanze naturali. Questo significa che il supporto alla natalità deve essere integrato da politiche sociali e culturali solide – non bonus una tantum ma servizi e sgravi fiscali – che incoraggino le coppie a diventare genitori quando hanno un’età biologicamente più favorevole”.