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Pasquale Laurito, decano della stampa parlamentare e storico autore della Velina Rossa, è morto all’età di 97 anni. La sua lunga carriera giornalistica ha attraversato epoche molto importanti della storia politica italiana, dalla Prima alla Terza Repubblica. Amava definirsi “cattocomunista“: “Montecitorio deve restare laico. Ho visto otto papi e ho tifato solo per Giovanni XXIII. La guerra fredda mi atterriva e lui ricevette la figlia di Krusciov” disse rispondendo a Stefano Lorenzetto che lo intervistò sul Corriere della Sera nel 2019.
Morto Pasquale Laurito, decano della stampa parlamentare
Lorenzetto gli chiese: “Ci sarà un decano dei giornalisti nella Camera alta, anzi altissima?” “In paradiso? Aspettano me, forse”. I funerali saranno sabato alle 15, nella chiesa romana di Sant’Emerenziana. La Velina Rossa è stato per decenni, partendo dal 1978, il portale di informazioni parlamentari sul mondo della sinistra. Era nato contrapponendosi alla Velina bianca di Vittorio Orefice. Non bastava l’Unità?, gli aveva chiesto una volta Concetto Vecchio, su Repubblica: “L’Unità era l’ufficialità, serviva un foglio di retroscena, di allusioni, che rivelasse il dietro le quinte. Io vivevo praticamente a Botteghe Oscure. Quando il Pci decise di chiedere le dimissioni di Leone, nel ‘78, Tatò mi avvertì per tempo: fu la Velina Rossa ad anticipare tutti”. Laurito avrebbe compiuto 98 anni il 15 maggio ed era nato a Lungro, piccola cittadina in provincia di Cosenza, nel 1927.
L’impegno politico
La sua militanza comunista era iniziata da giovanissimo, vicino agli operai delle miniere di salgemma. “Quell’esperienza è stata la mia scuola di vita e anche il primo approccio al giornalismo, visto che pubblicavamo un foglio di notizie, che si chiamava La riscossa“, aveva ricordato di recente. Era fiero, racconta l’Associazione Stampa Parlamentare, di aver avuto la tessera del partito comunista non ancora 18enne. A vent’anni era arrivato a Roma e da allora aveva raccontato le cronache politiche e parlamentari di quasi 80 anni di vita della Repubblica, prima come giornalista di Paese Sera, poi del Globo e dell’Ansa e per conto dell’agenzia aveva seguito il Partito Comunista. Punto di riferimento per tutti i giornalisti parlamentari, di recente era stato insignito del titolo di commendatore della Repubblica. La sua era una voce che non ha mancato di esprimere posizioni critiche. ”L’Italia è maestra nelle invenzioni costituzionali e può dare lezioni a tutto il mondo. Fra poche ore sarà fondata la Repubblica Monarchica Italia’ il suo commento quando fu rieletto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel 2011 annunciò nel 2011 la sua uscita dal Partito Democratico in polemica con il sostegno al governo Monti. Si era sempre dichiarato contrario ad una lista unica del centrosinistra, prima della costituzione del Pd.
Il legame con Massimo D’Alema
Profondamente legato a Massimo D’Alema, affermava di averlo “cresciuto” politicamente: “Quando era premier, Massimo diceva ai suoi”, aveva raccontato a Repubblica Laurito, “vediamo cosa mi ha fatto dire Pasquale. Ma sono le sue idee a coincidere con le mie. Massimo l’ho cresciuto io”. Quando il governo Renzi scelse Federica Mogherini come Alta rappresentante della politica estera dell’Ue, Laurito lo definì così: “Il taverniere non sa costruire: distrugge e basta. Parla, parla… Sta sempre a parlare del suo vino. Ha il vizio capitale dei provinciali”. Nei confronti del Movimento 5 Stelle era scettico, se non avverso, per quanto si espresse favorevolmente su Roberto Fico: “Lo distinguo dagli altri grillini. Ha la cultura del vecchio comunista venuto su alla scuola di Antonio Bassolino“. I messaggi di cordoglio arrivano sia dai partiti di destra che da quelli di sinistra e dalle più alte cariche delle Camere, compresi i presidenti Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. “Era una presenza assidua in sala stampa”, ha aggiunto l’Associazione Stampa Parlamentare, “è stato un maestro di giornalismo per generazioni di cronisti. Ai giovani raccomandava: ‘Tenete la schiena dritta, è la cosa più importante in questo mestiere’”. Si era rivolto così ai cronisti più giovani: “Raccontate sempre la verità, senza farsi condizionare dai potenti, perché le malefatte devono essere sempre svelate”.