Nel momento della sua morte, Papa Francesco lascia un vuoto profondo, non solo spirituale ma anche culturale e umano. Tuttavia, la sua voce continua a risuonare, più viva che mai, attraverso un testo inedito che giunge a noi proprio all’indomani della sua scomparsa. In queste pagine, il Papa si rivela ancora una volta in tutta la sua profondità, guidandoci con le sue parole di speranza, fede e amore per l’umanità e la morte.
Le preghiere per Papa Francesco a Piazza San Pietro
Mentre le campane della Basilica di San Pietro suonavano a lutto, pellegrini e turisti si sono raccolti in un silenzioso omaggio alla morte del Pontefice. Nella serata di ieri, in Piazza San Pietro, si è celebrato il Rosario serale in suffragio del Papa, scomparso poche ore prima.
A presiedere la preghiera mariana, l’arciprete della Basilica Vaticana e vicario generale per la Città del Vaticano, che ha esortato: “La morte non è una porta che si chiude”. Un’atmosfera di profonda commozione e raccoglimento ha avvolto i fedeli.
La voce di Papa Francesco oltre il silenzio: il testo inedito dopo la sua morte
“La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa. È un nuovo inizio, come evidenzia saggiamente il titolo, perché la vita eterna, che chi ama già sperimenta sulla terra dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà. Ed è proprio per questo motivo che è un inizio ‘nuovo’, perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l’eternità”.
La «consolante certezza» espressa da Papa Francesco emerge in un testo inedito, pubblicato subito dopo la sua morte, come prefazione al libro del cardinale Angelo Scola, “Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV).
Nel suo scritto, il Pontefice racconta di aver letto con profonda emozione le riflessioni di Scola. Descrive il cardinale come un «caro fratello nell’episcopato», che ha ricoperto ruoli significativi all’interno della Chiesa, tra cui quello di rettore della Pontificia Università Lateranense, patriarca di Venezia e arcivescovo di Milano.
Francesco sottolinea anche come la scelta del termine “vecchio”, usato dal cardinale per auto-definirsi, gli sembri particolarmente significativa, trovando in essa una certa affinità con il pensiero di Scola. Un’ulteriore riflessione riguarda il fatto che il cardinale, suo «rivale» nel Conclave del 2013, fu uno dei protagonisti di quell’evento che portò alla sua elezione a Papa.
Nella prefazione al breve libro in uscita giovedì, Papa Francesco sottolinea che non bisogna temere la vecchiaia, poiché «la vita è vita», e cercare di edulcorarla significa tradire la realtà. Il Santo Padre esprime gratitudine al cardinale Scola per aver «restituito fierezza» a un termine spesso considerato negativo. Secondo lui, dire “vecchio” non implica essere inutili, ma significa parlare di esperienza, saggezza, discernimento e ascolto, valori di cui la società ha un urgente bisogno.
“È vero, si diventa vecchi, ma non è questo il problema: il problema è come si diventa vecchi. Se si vive questo tempo della vita come una grazia, e non con risentimento; se si accoglie il tempo (anche lungo) in cui sperimentiamo forze ridotte, la fatica del corpo che aumenta, i riflessi non più uguali a quelli della nostra giovinezza, con un senso di gratitudine e di riconoscenza, ebbene, anche la vecchiaia diventa un’età della vita, come ci ha insegnato Romano Guardini, davvero feconda e che può irradiare del bene”.
Il Papa osserva come Scola metta in evidenza il valore umano e sociale dei nonni, un tema che Francesco ha spesso sottolineato, ritenendo che il loro ruolo sia cruciale per lo sviluppo equilibrato dei giovani e per una società più pacifica. La saggezza dei nonni, infatti, trasmette ai giovani una visione lunga, la memoria del passato e l’importanza di valori duraturi. In un mondo frenetico, dove spesso prevale l’effimero, la sapienza dei nonni diventa un faro che guida i nipoti, offrendo loro una prospettiva più ricca rispetto alla vita quotidiana.
La conclusione del libro, infine, è una confessione intima dell’autore riguardo alla sua preparazione per l’incontro finale con Gesù.
“Con queste pagine tra le mani vorrei idealmente compiere di nuovo lo stesso gesto che feci appena indossato l’abito bianco da Papa, nella Cappella Sistina: abbracciare con grande stima e affetto il fratello Angelo, ora, entrambi più vecchi di quel giorno di marzo del 2013. Ma sempre accumunati dalla gratitudine verso questo Dio amoroso che ci offre vita e speranza in qualunque età del nostro vivere“, conclude Francesco il 7 febbraio 2025.