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Un gesto simbolico di inclusione
Il Papa Francesco ha recentemente aperto la Porta Santa nel carcere di Rebibbia, un atto che rappresenta un forte messaggio di speranza e inclusione per la popolazione carceraria. Questo gesto, voluto con determinazione dal Pontefice, si inserisce nel contesto del Giubileo della speranza, un evento che invita tutti a riflettere sulla possibilità di redenzione e cambiamento. La scelta di un carcere come luogo per l’apertura della Porta Santa non è casuale; essa sottolinea l’importanza di non escludere nessuno, nemmeno coloro che si trovano in situazioni di difficoltà e isolamento.
La celebrazione della messa
Durante la sua visita, Papa Francesco ha varcato la Porta Santa a piedi, un gesto significativo che ha voluto contrapporre alla sua precedente esperienza nella basilica di San Pietro, dove era stato costretto a utilizzare una sedia a rotelle. Accanto a lui, il vescovo ausiliare di Roma, mons. Benoni Ambarus, ha condiviso questo momento di grande importanza spirituale. “Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi, che siamo qui dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude”, ha dichiarato il Papa, esprimendo il suo desiderio di portare un messaggio di luce e speranza a tutti i detenuti presenti.
La partecipazione dei detenuti e delle autorità
Alla funzione religiosa hanno partecipato circa trecento detenuti, insieme al personale della polizia penitenziaria, creando un’atmosfera di comunità e condivisione. La presenza di figure istituzionali, come il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il capo dimissionario del Dap Giovanni Russo, ha ulteriormente evidenziato l’importanza di questo evento. La celebrazione della messa ha rappresentato un momento di riflessione e preghiera, un’opportunità per i detenuti di sentirsi parte di una comunità più ampia, nonostante le loro circostanze.