Il prossimo 12 luglio arriverà la sentenza di appello nel processo sull’omicidio di Serena Mollicone. La pubblica accusa lo ha paragonato a quello di Marco Vannini.
Omicidio Serena Mollicone: attesa il 12 luglio la sentenza di appello
Attesa per il prossimo 12 luglio la sentenza di appello nel processo sull’omicidio di Serena Mollicone, giovane di Arci uccisa nel 2001. Il procuratore generale Francesco Piantoni e il sostituto procuratore presso la corte d’appello di Roma, Deborah Landolfi, hanno sollecitato la condanna del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, a 24 anni, della moglie Annamaria, a 22 anni, e del figlio Marco, a 22 anni.
Franco Mottola è “la persona che ha tenuto il comportamento più grave, perché era il comandante della stazione dei carabinieri e avrebbe dovuto prendere per primo le iniziative per evitare che questa ragazza morisse” ha dichiarato il sostituto procuratore, aggiungendo che per Marco e Annamaria sono state chieste pene più alte del minimo vista la gravità della situazione. “Inoltre non hanno mai ammesso le loro responsabilità e non hanno mai collaborato” ha aggiunto.
Omicidio Serena Mollicone: la pubblica accusa lo paragona a quello di Marco Vannini
I rappresentanti della pubblica accusa hanno paragonato l’omicidio Mollicone a quello di Marco Vannini, 20enne morto nel 2015 a Ladispoli, mentre era a casa della fidanzata. Vannini, come è stato ricordato, “fu ferito da un colpo di arma da fuoco sparato dal padre della ragazza e poi lasciato morire senza che fossero chiamati i soccorsi“. “L’obbligo di garanzia sorge per il titolare di un’abitazione quando ospita una persona che viene a trovarsi in una situazione di pericolo, proprio perché trovandosi nella sua abitazione era in un posto dove nessun altro poteva entrare” ha aggiunto il pg.
“Marco Mottola ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento dove solo i Mottola potevano accedere e avevano l’obbligo di intervenire” hanno scritto i sostituti procuratori nella memoria conclusiva, aggiungendo che i genitori e lo stesso Marco avevano l’obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell’abitazione e non lo hanno fatto, anzi hanno nascosto quello che era successo per proteggere il figlio. I sostituti procuratori hanno chiesto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” per il carabiniere Vincenzo Quatrale e quattro anni di reclusione per Francesco Suprano, con l’accusa di favoreggiamento.