Milano, 18 gen.
(Adnkronos) – La famiglia di Giulia Tramontano siede di fronte alla gabbia dove Alessandro Impagnatiello, che ha ucciso con 37 coltellate la compagna incinta del loro figlio Thiago, tiene gli occhi bassi. Il ragazzo spavaldo che per mesi ha dato veleno per topi e ammoniaca alla donna che stava per renderlo padre ha gli occhi lucidi, a tratti piange, tiene le mani giunte come in preghiera, fatica quasi a respirare. Mamma Loredana, papà Franco e i fratelli della vittima, Chiara e Mario, non riescono a non guardare chi rischia l'ergastolo per l'accusa di omicidio aggravato (dai futili motivi, dal vincolo della convivenza, dalla crudeltà e dalla premeditazione), occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza.
E verso quel vetro guardano tutte le decine di curiosi e giornalisti per capire se finge o è sincero.
A sorpresa il 30enne ex barman chiede di prendere la parola per delle dichiarazioni spontanee che durano meno di quattro minuti. "Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi a Giulia e alla famiglia. Non ci sono parole corrette da dire, affronto una cosa che rimarrà per sempre inspiegabile per la disumanità; un gesto che mi ha lasciato sconvolto e perso" pronuncia con voce tremante, mentre Chiara e il padre della vittima lasciano l'aula.
"Quel giorno – dice tra sospiri e tono dimesso – ho distrutto la vita di Giulia e di nostro figlio, quel giorno anch'io me ne sono andato perché se sono qui a parlare non vuol dire che sia vivo. Non vivo più", aggiunge. "Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. Non posso chiedere perdono, chiedo solo che possano essere ascoltate queste scuse.
E questa è l’occasione che ho per farlo. L'unica cosa che faccio la sera è sperare di non svegliarmi più al mattino. Finché sarò qui in eterno dovrò scuse a tutte queste persone", chiosa prima di tornare dietro le sbarre.
Difficile non farsi toccare da chi siede davanti a una corte – formata da due giudici togati e sei popolari – che lo condannerà all'ergastolo, ma è anche doveroso notare che quei quattro minuti sono il tempo necessario, più che per ricordare, per parlare ancora una volta di sé.
E delle scuse e del dolore per l'omicidio di Giulia e Thiago i familiari della 29enne, agente immobiliare, non sanno che farsene. "Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto. Non puoi chiedere scusa se hai avvelenato e ucciso mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura. Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago dopo averli uccisi barbaramente.
Meriti di svegliarti ogni giorno in galera ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso" la replica, via Instagram, di Chiara.
La famiglia di Giulia è l'unica parte civile in un processo in cui la corte, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, ha escluso il Comune di Senago, l'associazione Penelope che si era prodigata per cercare la 29enne e la fondazione campana Epolis. Fuori dall'aula anche le telecamere, ammesse solo per la sentenza, per non turbare lo svolgimento di un processo mediatico e per tutelare una famiglia che dovrà ascoltare dettagli raccapriccianti su quanto accaduto la sera del 27 maggio del 2023 nell'appartamento della coppia in via Novella a Senago.
Impagnatiello ha accoltellato Giulia 37 volte, almeno 9 i colpi sferrati quando la giovane era ancora viva, poi ha provato a bruciarla nella vasca da bagno. Impaurito e sotto pressione ha spostato il corpo nel box, qui ha provato a darle di nuovo fuoco con la benzina, quindi ha nascosto la vittima, avvolta in buste di plastica, in un anfratto dietro al box di viale Monterosa.
Un delitto che ha cercato di nascondere mandando dei messaggi dal cellulare della compagna quando era già senza vita e che potrebbe aver premeditato da tempo: già a partire dal dicembre 2022 ha fatto ricerche via internet sugli effetti del veleno per topi, veleno fatto ingerire per mesi all'inconsapevole vittima e in tale quantità da raggiungere anche il feto.
Per l'accusa, rappresentata dall'aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, sfileranno in aula una trentina di testimoni, a partire dal prossimo 12 febbraio con i carabinieri che hanno indagato, poi il 7 marzo a raccontare quanto accaduto saranno la madre e la sorella di Giulia, ma anche l'altra ragazza che l'imputato frequentava e che ha incontrato la giovane incinta poche ore prima di morire.
Tra le prove ammesse l'audio inviato a un'amica: "Adesso mi rifaccio una vita con il mio bambino Thiago" il senso delle parole pronunciate da Giulia, che – poche ore prima di essere uccisa – meditava sull'ipotesi di lasciare il compagno.
Nel processo entra anche la telefonata in cui il 30enne chiede al fratello di non rivelare l'esistenza del box e il video relativo al 'baby shower' per festeggiare la futura nascita del piccolo in cui Impagnatiello è tra i protagonisti e dove viene inquadrato il tappeto che poi verrà spostato dall'imputato, reo confesso, per impedire che si macchi del sangue di Giulia. La lista della difesa (avvocatesse Samanta Barbaglia e Giulia Geradini) si compone di due soli nomi – lo psichiatra Raniero Rossetti e la psicologa Silvana Branciforti – a indicare la possibilità di una perizia psichiatrica, ipotesi che la parte civile (avvocato Giovanni Cacciapuoti) è pronto a 'bloccare' con altri due professionisti, gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta.