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Il contesto dell’evento tragico
La notte tra il 19 e il 20 agosto dello scorso anno, Milano è stata teatro di un evento drammatico che ha portato alla morte di Giovanni Sala, un uomo di 34 anni. Sala, in evidente stato di alterazione a causa di sostanze alcoliche e stupefacenti, è stato bloccato da due guardie giurate davanti alla sede di Sky a Rogoredo. L’intervento, inizialmente volto a garantire la sicurezza, si è trasformato in un’azione che ha sollevato interrogativi sulla legittimità e la proporzionalità della forza utilizzata.
Secondo le indagini, Sala è deceduto per arresto cardiaco dopo essere stato immobilizzato a terra con un ginocchio sulla schiena per oltre un minuto.
Le accuse e le indagini
Il pubblico ministero di Milano, Alessandro Gobbis, ha richiesto il processo per i due vigilantes, accusandoli di omicidio preterintenzionale. Questa accusa è stata modificata rispetto all’iniziale imputazione di omicidio colposo, evidenziando la gravità della situazione. Negli atti, il pm sottolinea come i due indagati abbiano agito in modo violento e prevaricatore, dando sfogo a istinti che avrebbero potuto essere evitati.
La Procura ha concluso le indagini, ritenendo che non ci fosse alcuna necessità di intervenire in modo così aggressivo, dato che non vi erano pericoli concreti per la sicurezza di persone o cose.
Le dichiarazioni e le reazioni
Durante l’intervento, Sala avrebbe urlato frasi sconnesse, come “mi stanno inseguendo, chiamare police”, segno di un evidente stato di confusione e paura. Le reazioni a questo tragico evento sono state molteplici, con un acceso dibattito pubblico sulla legittimità dell’uso della forza da parte delle guardie giurate.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Camilla Urso, dovrà dimostrare che l’azione intrapresa dai vigilantes fosse giustificata, mentre l’accusa punta a dimostrare che la loro condotta ha portato a conseguenze fatali, in un contesto che avrebbe potuto essere gestito in modo diverso.