Il padre di Giulia Cecchettin, Gino, è stato ospite della terza edizione di Obiettivo 5, campus di formazione per l’equità e l’inclusione de La Sapienza, a Roma.
“Hanno tutta la mia comprensione”
Dice Gino Cecchettin, riferendosi ai genitori di Filippo Turetta, l’uomo che ha ammazzato sua figlia: “Mi sono immedesimato nei genitori di Filippo diverse volte, anche perché sono molto razionale. Hanno tutta la mia comprensione, darei loro un abbraccio.”
Aggiunge: “Non li posso giudicare, stanno vivendo un dramma più grande del mio.
Io cercherò di tornare a sorridere, ci sono già riuscito ho amici e figli fantastici. Loro faranno più fatica. Saranno sempre i genitori di un omicida. Hanno tutta la mia comprensione”.
L’impegno oltre il dolore
Continua il padre di Giulia Cecchettin: “Dopo un lutto bisogna piangere altrimenti non si soffre, questa è la credenza. Ma impegnarsi non significa non soffrire, non c’è giorno in cui non piango pensando a mia moglie e mia figlia ma non si può solo piangere, bisogna andare avanti; questo è anche il mio carattere non sono abituato a piangermi addosso e ho l’abitudine di cercare le soluzioni ma fa male sentirsi dire che sto lucrando sulle spalle di mia figlia.
Ho imparato, tuttavia, a farmi scivolare addosso le cose.”
Conclude: “Chi deve cambiare sono i maschi: fino a 22 anni volevo che mio padre non esistesse, sono nato in una famiglia unita, a tratti felice, ma sentivo l’oppressione di un padre padrone che poneva il suo modo di essere in ogni istante della mia vita. Erano gli anni dell’eroina e del terrorismo e quello era il suo modo di educare; poi ci siamo riconciliati.
Il maschio, il padrone: da qui la società deve cambiare, da qui la parola ‘patriarcato’. Io sono nato nella cultura machista di quel periodo dove il maschio deve essere forte, poi capisci che è più difficile chiedere scusa che sollevare 100 kg.”