Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, avvenuto nel 2007, torna a far parlare. Alberto Stasi, condannato nel 2015 a 16 anni di carcere per il delitto, ha recentemente ricevuto una nuova sentenza che segna una svolta nella sua vicenda legale. La decisione, che arriva dopo anni di processi e controversie, apre nuove prospettive sul caso che ha scosso l’opinione pubblica.
Omicidio di Garlasco, la pena per Alberto Stasi
Alberto Stasi è stato condannato nel 2015 a 16 anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007. Stasi, all’epoca fidanzato di Chiara, è stato accusato di averla uccisa nella sua casa, lasciando poi la scena del crimine in modo da sembrare un omicidio di tipo diverso. Il processo ha visto una serie di colpi di scena, inclusi appelli e revisioni della sentenza, ma alla fine la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni di carcere.
Il 41enne sta scontando la sua pena da dieci anni, ha ormai quasi completato il periodo previsto per la condanna. Sulla carta, gli restano solo circa 4 anni e pochi mesi da scontare, e a breve potrà chiedere un’altra misura alternativa alla detenzione: l’affidamento in prova ai servizi sociali, che gli permetterebbe di essere seguito dai servizi competenti in un contesto di maggiore libertà.
Omicidio di Garlasco, colpo di scena giudiziario: la decisione su Alberto Stasi
La decisione dei giudici di Milano segue l’udienza del 9 aprile, durante la quale la Procura generale aveva richiesto il “rigetto” della semilibertà per Alberto Stasi. Nonostante il parere negativo della Procura, che aveva sollevato obiezioni per un’intervista rilasciata da Stasi a Le Iene senza autorizzazione, i giudici hanno accolto la richiesta della difesa, concedendo la semilibertà al 41enne.
Dal 2023, Alberto Stasi aveva già ottenuto il permesso per il lavoro esterno, permettendogli di lavorare ogni giorno come contabile in un’azienda milanese. Dopo la giornata lavorativa, Stasi rientra regolarmente in carcere, come previsto dalle condizioni del suo permesso. Questo impegno lavorativo fa parte del suo programma di reinserimento sociale, che prevede la sua partecipazione a attività utili al recupero e al reinserimento nella società.
La semilibertà, secondo l’articolo 48 dell’Ordinamento Penitenziario, consente di trascorrere parte del giorno fuori dal penitenziario per attività lavorative, ma anche per il reinserimento sociale, sotto il programma di trattamento gestito dal direttore dell’istituto. Dovrà tornare a Bollate la sera per dormire e gli orari, comunque, saranno indicati nelle prescrizioni.