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Il caso di Dawa Bandeh
Il 28enne Dawa Bandeh, di origini gambiane, è al centro di un’indagine per omicidio che ha scosso Milano. Fermato la sera di Pasqua, il giovane è accusato di aver ucciso Angelino Acob Manansali, un collaboratore domestico di 61 anni. Secondo le ricostruzioni, Bandeh si sarebbe intrufolato nell’abitazione in via Randaccio, approfittando dell’assenza dei proprietari.
Durante l’interrogatorio, ha ammesso di aver fatto colazione e di essersi lavato all’interno della casa, ma ha omesso dettagli cruciali riguardo all’omicidio.
Le circostanze dell’omicidio
Le indagini hanno rivelato che Angelino Manansali è stato trovato strangolato. L’autopsia ha confermato che il decesso è avvenuto a causa di strangolamento, ma sono emerse anche altre ferite sul collo, suggerendo che la vittima potrebbe essere stata colpita con un manico di scopa, che si è spezzato durante l’aggressione. Questi dettagli inquietanti hanno portato il pubblico ministero Andrea Zanoncelli a richiedere una perizia psichiatrica per il sospettato, per valutare la sua capacità di intendere e di volere al momento del crimine.
La richiesta di perizia psichiatrica non è solo una questione legale, ma solleva anche interrogativi più ampi sulla salute mentale e le dinamiche sociali che possono portare a tali atti di violenza. La comunità milanese è scossa da questo evento tragico, e le autorità stanno intensificando gli sforzi per garantire la sicurezza dei cittadini. Il caso di Dawa Bandeh mette in luce la necessità di un’analisi approfondita non solo del crimine in sé, ma anche delle condizioni che possono portare a comportamenti così estremi.