Roma, 14 giu. (Adnkronos Salute) – Tra i temi che i potenti del mondo dovrebbero mettere in cima alle loro agende "c'è l'obesità. Un'epidemia che va contrastata con politiche sanitarie e non solo. Senza correttivi, infatti, il rischio – come evidenziano le analisi fatte in diversi studi sul tema – è che le future generazioni, per la prima volta nella storia, avranno un'aspettativa di vita minore rispetto alle generazioni precedenti. E stiamo vedendo già i primi segni". Lo sostiene Michela Carruba, presidente Centro di studio e ricerche sull'obesità dell'Università di Milano, che fa un appello ai capi di Stato riuniti per il G7 in Puglia.
"L'obesità, sempre più diffusa, è una malattia che va riconosciuta come tale: 'ruba' fino a 10 anni di vita e 20 anni di vita in salute, pesando enormemente anche sui bilanci pubblici. Va contrastata non solo dal punto di vista medico, ma anche con misure in grado di favorire stili di vita sani e contrastando la stigmatizzazione del malato", aggiunge l'esperto. Siamo di fronte a "un problema complesso che non coinvolge solo il singolo individuo. Gli stili di vita sono legati anche all'organizzazione dell'intera società. La popolazione va aiutata ad adottare comportamenti più salutari, favorendo per esempio le possibilità di movimento, la disponibilità di cibi sani".
Fondamentale, inoltre, "l'educazione al cibo, perché di ignoranza alimentare si muore – conclude – E' più importante di molte materie. E' infatti sicuramente un danno non conoscere Leopardi o il teorema di Pitagora, ma nella mia carriera di medico non ho mai visto morire nessuno per questo, mentre ho visto morire persone che non sapevano mangiare".