Con ogni probabilità, se nella culla termica della chiesa san Giovanni Battista di Bari ci fosse stato un altro materassino (tecnicamente “tappetino”), il neonato trovato morto il 2 gennaio scorso si sarebbe potuto salvare. Ma quel dispositivo, da come emerge dalla consulenza dei tecnici nominati dalla Procura ed effettuata sulle apparecchiature del locale, non era idoneo alla funzione che avrebbe dovuto svolgere.
Bari, la culla termica dove è stato trovato morto il neonato non era idonea
Proprio per questo, probabilmente, quando il bimbo di appena 20 giorni è stato posato lì da chi sperava di donargli una vita migliore, il segnale verso il cellulare del parroco, don Antonio Ruccia, non è partito. Oltre alla mancata idoneità del tappetino, sarebbe stato notato che alcuni sensori non funzionavano correttamente, col risultato che l’allarme non è mai partito. Inoltre, dall’analisi dei tabulati telefonici, si conferma la versione del parroco, ovvero che quando il neonato è stato lasciato lì, il cellulare di don Ruccia non ha ricevuto alcuna chiamata. Il piccolo, ribattezzato “Angelo” dal sindaco di Bari, Vito Leccese, sarebbe morto di ipotermia, come confermato dall’autopsia svolta da Biagio Solarino dell’istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari. Ipotermia aggravata dal fatto che dal climatizzatore, a causa di una perdita di gas, sarebbe stata emessa aria fredda e non calda. Teoricamente, quell’apparecchio avrebbe dovuto riscaldare l’ambiente per permettere al piccolo di mantenersi al caldo fino all’arrivo dei soccorsi.
Cosa emerge dalle indagini
Ora ad essere indagati per omicidio colposo nell’inchiesta del procuratore aggiunto Ciro Angelillis e della pm Angela Morea sono il parroco e l’elettricista Vincenzo Nanocchio, che nel 2014 aveva ricevuto l’incarico di installare la culla. Il tecnico ne avrebbe inoltre cambiato l’alimentatore lo scorso 14 dicembre, in seguito ad alcuni blackout che interessarono la chiesa. A seguito di tali interventi, furono effettuati alcuni test in base ai quali, secondo quanto emerso finora, il tappetino sarebbe stato in funzione. Tuttavia, evidentemente, qualcosa non ha funzionato al momento in cui il neonato è stato posato nella culla. L’ipotesi emersa dalla indagini è che il bimbo sia stato lasciato lì ancora in vita. A confermarlo delle tracce di urina trovate nella culla appartenenti probabilmente al piccolo Angelo, seppure ciò dovrà essere confermato dall’esame del DNA. L’ultimo tassello mancante attualmente è la relazione finale del medico legale sull’autopsia effettuata l’8 gennaio, dopodiché il quadro della vicenda sarà ancor più chiaro.