L’uomo, originario di Dallas in Texas, era rimasto paralizzato dalla poliomielite nel 1952, quando aveva solo sei anni.
Morto Paul Alexander
Venne trasportato d’urgenza in ospedale dopo aver manifestato i sintomi e quando si risvegliò si trovò all’interno di un polmone meccanico, che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Proprio per questo motivo si guadagnò l’appellativo di “uomo dal polmone d’acciaio“. La notizia della morte è stata condivisa dall’organizzatore della raccolta fondi creata per sostenere le sue cure. “Paul, ci mancherai ma sarai sempre ricordato. Grazie per aver condiviso la tua storia con noi” ha scritto Christopher Ulmer. Nel 2020 Alexander aveva pubblicato il suo libro di memorie.
La diagnosi della malattia
Dopo aver contratto la polio, una grave infezione a carico del sistema nervoso centrale, i medici gli avevano dovuto praticare una tracheotomia per rimuovere la congestione dai polmoni. La macchina d’acciaio, quindi, fungeva da diaframma per aiutarlo nella respirazione. I dati raccontato che Paul fu solo uno dei tanti bambini malati di poliomielite, che venivano inseriti nei polmoni d’acciaio negli Stati Uniti negli anni Cinquanta. Tra fine del XIX e l’inizio del XX secolo, le frequenti epidemie hanno fatto sì che la polio diventasse una delle malattie più temute al mondo.
La vita all’interno della macchina
Paul Alexander era in grado di muovere solo la testa, il collo e la bocca e i primi tempi all’interno dell’involucro d’acciaio spesso non si lavava, dal momento che non riusciva a comunicare con le infermiere che si occupavano di lui. Nonostante la malattia e la paralisi, tuttavia, non si è mai perso d’animo. Ha continuato a studiare, è entrato all’università e si è laureato in legge. Non è mai però riuscito a lasciare il polmone d’acciaio.