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"Morta nel Piave con figlia epilettica, carico troppo grande"

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Gallio(VI), 19 set. (askanews) - "Purtroppo l'episodio di cronaca non ci sorprende. Una madre che ha perso il lavoro per dedicarsi a una figlia di tre anni, un compagno che la lascia sola e quindi un carico troppo grande". Lo ha detto Isabella Brambilla, presidente di Dravet Italia Onlus e rappresen...

Gallio(VI), 19 set. (askanews) – “Purtroppo l’episodio di cronaca non ci sorprende. Una madre che ha perso il lavoro per dedicarsi a una figlia di tre anni, un compagno che la lascia sola e quindi un carico troppo grande”. Lo ha detto Isabella Brambilla, presidente di Dravet Italia Onlus e rappresentante di tutte le associazioni di famiglie con epilessie rare e complesse in Italia, durante la Summer School di Motore Sanità in corso a Gallio, sull’Altopiano di Asiago, a proposito del caso di Susanna Recchia, la donna di Miane che si è uccisa, gettandosi con la figlia Mia nel fiume Piave. “Molto spesso le nostre forme di epilessia, forse più severe, le epilessie rare e complesse, creano tanto disagio sulla famiglia, perché non è solo un’epilessia, è un deficit cognitivo, è un bambino che non potrà mai rimanere autonomo, sono malattie croniche, devono essere gestite tutto il periodo della vita. Va bene la diagnosi precoce, va bene il piano terapeutico, vanno bene i piani riabilitativi, ma serve anche il sostegno alle famiglie, sostegno psicologico e sostegno anche di progetto di riabilitazione e di sollievo. Tutto questo è ben chiaro e previsto anche dal disegno di legge sull’epilessia che speriamo arrivi presto al traguardo e che poi inizino azioni concrete di messa in pratica di quanto descritto. Le famiglie sono oberate di una scelta di vita che è un caso di avere un bambino malato grave, con una disabilità grave, hanno bisogno di essere sostenute con azioni concrete e credo che questo sia l’urgenza più grande, non solo in età pediatrica quando fortunatamente abbiamo il percorso scolastico, che è un grande fattore riabilitativo, ma anche per gli adulti, per i quali non ci sono percorsi dopo tanta fatica, tanto lavoro riabilitativo, farmaco, terapia giusta, arriviamo a 18 anni dove tutto viene lasciato al caso e il fai da te. Perdiamo questi ragazzi iniziano disturbi, molte volte psichiatrici, e abbiamo fallito tutti in questa missione” ha aggiunto Brambilla.