Miss Italia, 85 anni e dimostrarli tutti

Fuori da ogni Rete e Circuito che se ne assumesse la paternità e ci mettesse faccia e segnale, domenica sera è andata in scena la finale 2024 del grande “circo” che fu un tempo di Enzo Mirigliani.

Fuori da ogni Rete e Circuito che se ne assumesse la paternità e ci mettesse faccia e segnale, domenica sera – in diretta streaming e sul sito del Concorso, peraltro con un ritardo che la dice lunga sul tempismo e la contemporaneità della Manifestazione – è andata in scena la finale 2024 del grande “circo” che fu un tempo di Enzo Mirigliani, oggi ridotto a “piccolo evento di paese” e consumato in un teatrino dove Marche e marchette sembravano procedere di pari passo su di un palco dove – se abbiamo visto bene – le Miss entravano a stento.

E quella che si è vista – nonostante qualche concorrente abilmente indottrinata l’avesse definita una edizione “nuova e più smart”: domanda, prima aveva assunto sostanze? – è stata la “solita solfa” di una serata ridotta a minimi termini, consumata al cospetto di una giuria rabberciata (con qualche improbabile di turno: l’eterna reginetta Martina Colombari (ancora bellissima e poi?), l’attore Giampaolo Morelli (scomparso dai grandi radar che contano), che sembrava lì per caso e la modella ed influencer Soleil Sorge (sulla quale tutti hanno mormoreggiato: ma questa come campa? E ce l’hanno mandata o ci è venuta?).

Giuria, che – dopo prove al limite del demenziale: “Chiedimi chi erano i Beatles”? O, attente al semicerchio perfetto!” – ha incoronato una miss, tale Ofelia Passaponti, 24 anni, di Siena, della quale fra un anno si avrà in mano un “santino” o poco più.

E se quella del 2024 doveva essere l’edizione di “oltre le gambe c’è di più”, Miss Italia – il Concorso che ha l’ufficio stampa con più anni della Manifestazione – non ha smentito che – di fondo – quelli che sono mancati è stata soprattutto la bellezza e la spettacolarità dei contenuti (che forse le ragazze avevano pure!), il racconto (di una serata, che si è svolta nel più classico dei “vorrei ma non posso”), la ricchezza di un’immagine scintillante da titoli di testa più che di coda, come è sembrata essere tutta la misera messa in scena.

Certo, quest’anno, le ragazze hanno avuto l’opportunità di frequentare un’Academy (con qualche poetessa o psicologa di passaggio, per “bignamini” mordi e fuggi della prima ora su come stare o rappresentarsi a questo mondo; qualche poliziotta in rigorose mostrine – “brava e bella!”, come ha tenuto a rimarcare la Patron Patrizia Mirigliani –; qualche doppione rientrato dalla finestra, per non poter passare dalla porta, e più di una improbabile maestra di vita, che tra il dire e il fare ha fatto poco la differenza su ragazze più avanti di loro.

Academy alla quale si partecipava solo dopo una lunga e rigorosa seduta di “trucco e parrucco” – “perché la bellezza va mostrata!”, sempre citando la Signora Mirigliani – come se per andare a scuola una ragazza d’oggi dovesse prima passare per una seduta di make-up ed hair styling e poi mettere lo zaino in spalla. Incredibile, ma vero nel 2024. Per non parlare dell’empowerment femminile, parola d’ordine quest’anno, sbandierata tra camicie bianche (sempre meglio delle nere!), che di esempi non ne ha forniti neppure con una testimonial adeguata sul palcoscenico per uno speech di sostanza.

Sempre e solo lei, la Mirigliani, in tutte le tavole rotonde e quadrate, a fare da maestra e tuttologa al cospetto di una vita che – pur avendole tolto tanto (chapeau alla sua resilienza!) – l’ha fatta brillare più come mamma-coraggio che come mamma-modello. Certo, le ragazze sono state portate anche in “gita scolastica” a vedere una mostra e farsi gli occhi davanti a tanta svariata arte, raccontata loro da “acculturati con l’inchino”, ma – belle, spigliate e autoironiche – nessuna di esse (ci si può scommettere!) tornerà a breve in museo per rilanciare una storia d’amore che ha tutto il sapore di “chiacchiere e distintivo”.

A presentare poi la serata – un tempo c’erano Frizzi, Carlucci e altri pezzi da novanta – quest’anno è stato Andrea Dianetti, dallo Zecchino d’Oro a Miss Italia (e questo la dice lunga assai su quanto si è visto e sentito dire sul palco!) – e l’Organizzazione non ha trovato nulla di meglio da dire che, “lontano dai bagliori dei grandi studi televisivi, Miss Italia ha finalmente trovato la sua dimensione più adatta a quell’idea di sobrietà ed eleganza cara alla patron Mirigliani”, sebbene i gli “accoliti tuttofare” che la circondano – non senza interesse, Signora cara! – si siano sbattuti fino alla fine per trovare uno straccio di Emittente disposta a metterla in onda anche “gratis”.

Niente di tutto ciò.
Ma, tant’è, Matròn: non ci siamo, anzi, non ci siamo più e da nessuna parte, perchè Miss Italia è diventato ormai un prodotto “fatto e consumato” in casa: della serie, così è (se vi pare) e fatevelo bastare: una macchina che tiene in vita qualche famiglia italiana, qualche “simpatizzante della porta accanto” e illude ancora sponsor in cerca di gloria postuma.
Politicamente corretta, la kermesse – che ha tentato la rianimazione passando per Tik Tok: questione di attimi senza domani – non ha esposto “merce e corpi alle mercè”: nessun costume da bagno, solo silhouette ed un “raccontami di te” messo in piedi nel finale più per strappare una lacrima – a buon uso di spettacolo – che altro.

E verrebbe da chiedersi: non è sfruttamento anche questo?

Intanto, una certezza c’è stata: nessun costume da bagno, ma solo abiti, camicette, calzoncini, tanta pubblicità sui molti dei centimetri quadrati disponibili e un po’ di spontaneità che ha salvato il clima, ma non il Concorso.
Dal quale forse la stessa Patron sta prendendo le distanze: nel logo di quest’anno, mancava – e non è sfuggito ai più – il suo nome e la domanda è sorta spontanea: che la Mirigliani abbia già ceduto tutta la baracca o che qualcuno si sia già impossessato dello storico brand (o si stia portando avanti per farlo, magari contando su qualche debito a bilancio ancora da saldare, tenuto sapientemente nascosto alla Signora?), impegnata com’è a tenersi in movimento con gli sponsor, fare “plin plin” dalla mattina alla sera o incoronare di discutibili diamanti, ma niente di più, sconosciute miss da mandare allo sbaraglio?
Quello che manca a Miss Italia, cara Patron, è un progetto serio e concreto: Ofelia Passaponti, 24 anni, di Siena, non andrà da nessuna parte – come non è andata da nessuna parte (tranne una puntata o due su L’Isola dei Famosi) Francesca Bergesio, reginetta del 2023, pur figlia del senatore leghista Giorgio Maria (nemmeno lui in grado di riportare il Concorso ai fasti di un tempo, e alla Reti di una volta) – perché, una volta Miss Italia, non c’è una fiction che la faccia lavorare, un’azienda che prenda come testimonial, un percorso segnato che trasformi quella corona in qualcos’altro.

Quello che manca è un casting serio sul territorio, dove davvero in pochi fanno il lavoro che devono, sfornando passerelle sbilenche alternate a passaggi in birreria, mentre il contatore gira, l’Organizzazione incassa e gli agenti languono impegnandosi a rivendere quel poche che resta di una memoria sempre più opaca e indistinguibile. E verrebbe da chiedersi: poveri loro o povera lei?
Con quel milioncino (o forse meno) tirato su, magari poveri loro, che un’alternativa non ce l’hanno e forse la vorrebbero.

In fondo, in sala (ci raccontano), di loro erano in pochi a sorridere.
Ci pensi, cara Patron, in una delle sue prossime settimane di relax a Gardone Riviera e la trovi la soluzione che compete ad una donna con gli attributi come i suoi: d’altronde è o non è il capo di quest’azienda? Perché, se ci siamo persi qualcosa, sarebbe il caso di farlo venire fuori, nel rispetto e nella memoria di quel grande concorso che è stato (e mai più sarà) Miss Italia e di quel grande uomo che fu suo padre.

Pace all’anima sua e che Dio l’abbia in gloria.