Palermo, 6 nov. (Adnkronos) – "Dal punto di vista formale, nell’elenco dei paesi sicuri l’Italia ha sempre designato una serie di paesi nella loro interezza, senza porre mai alcuna eccezione relativa a parti di territorio o a categorie di persone". Lo scrive il giudice del Tribunale di Palermo nel provvedimento con il quale sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti, un ghanese e un senegalese, in applicazione dei 'decreti Cutro' disposti due giorni fa dal questore di Agrigento. Il Tribunale si è rivolto alla Corte di Giustizia Europea per chiedere chiarimenti sui paesi sicuri, dopo la sentenza emessa dalla Corte Ue lo scorso 4 ottobre. "La designazione è avvenuta, tuttavia, sulla base di informazioni che per alcuni cpaesi segnalavano che il paese non poteva considerarsi sicuro per una parte del territorio e/o per alcune categorie di persone", scrive il giudice.
"In proposito, sembra ovvio che se il diritto dell’Unione osta a che un paese sia dichiarato sicuro escludendo una parte del suo territorio e alcune categorie di persone, a maggior ragione osta alla possibilità che un paese sia dichiarato sicuro per intero, quando risulti che per una parte del territorio o per alcune categorie di persone non lo sia – scrive ancora il giudice – Di ciò, del resto, è stato pienamente consapevole il legislatore nazionale che, per adeguarsi alla pronunzia della Corte, è intervenuto al fine di eliminare paesi che erano stati dichiarati sicuri nella loro interezza, nonostante le informazioni assunte escludessero una parte del loro territorio".
"In definitiva, la nozione di paese di origine sicuro è uno strumento che permette di incanalare in modo rapido le domande proposte da richiedenti provenienti da un determinato paese nella procedura accelerata, sulla base della presunzione che il loro paese di origine sia sicuro, ma questo modo di procedere non è giustificato per i paesi che presentino situazioni critiche per il fatto che una parte della popolazione (perché risiede in una parte del territorio o perché appartiene a una determinata categoria di persone) sia ordinariamente esposta a rischi di persecuzione di cui all’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, in quanto altrimenti verrebbe a determinarsi un accresciuto rischio di violazione del diritto di asilo e di non respingimento, entrambi garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione quali diritti fondamentali".
"Così come la Corte di Giustizia ha ritenuto non sia possibile designare un paese sicuro se le condizioni di sicurezza non sono rispettate per alcune parti del territorio (indipendentemente dalla circostanza se il richiedente alleghi o meno di provenire dalla parte del territorio “non sicura”), allo stesso modo non sembra consentito designare un paese sicuro se tale non lo è per alcune categorie (indipendentemente dalla circostanza se il richiedente alleghi o meno di appartenere a una di tali categorie)", aggiunge il giudice di Palermo.